Neo-patriarca di Gerusalemme: comunità e appartenenza per vincere le sfide in Terra Santa
Ad AsiaNews mons. Pizzaballa descrive un periodo di crisi e incertezze da nuovo coronavirus e difficoltà politiche ed economiche. Una realtà “pluriforme” che va rafforzata mediante “la collaborazione con il clero, il seminario e i fedeli”. Testimoniare la fede fra ebrei e musulmani, in un tempo che non dà spazio “per grandi accordi” ma è “propizio per la semina”.
Bergamo (AsiaNews) - In Terra Santa come nel mondo, fra pandemia di nuovo coronavirus e incertezze politiche ed economiche “siamo in un periodo in cui si naviga a vista: per questo è necessario rafforzare il senso di comunità, il valore dell’appartenenza alle diverse aree della diocesi” ciascuna con le proprie peculiarità. È quanto sottolinea ad AsiaNews il neo patriarca di Gerusalemme dei Latini mons. Pierbattista Pizzaballa, finora amministratore apostolico sede vacante della medesima circoscrizione. Nominato da papa Francesco il 24 ottobre scorso dando seguito e continuità a un lavoro iniziato nel 2016, egli intende valorizzare una realtà “pluriforme” rafforzando “il lavoro e la collaborazione con il clero, il seminario e i fedeli tutti”.
Sua beatitudine sottolinea “l’opera molto importante” svolta nel patriarcato in questi anni, che “non è solo di natura amministrativa” pur dovendo affrontare una serie di questioni irrisolte a livello di gestione e bilancio. “Ero una figura temporanea - afferma - ora la presenza si è stabilizzata, mantenendo le medesime responsabilità” in una prospettiva di continuità perché il cammino di ricostruzione “non è concluso”.
Mons. Pizzaballa, francescano italiano, è il decimo patriarca in una realtà guidata dagli anni ottanta da personalità della Chiesa araba: il palestinese Michel Sabbah e il giordano Fouad Twal. La sua giurisdizione abbraccia i cattolici di rito latino residenti in Israele, Palestina, Giordania e Cipro. La sua sede è a Gerusalemme e consta di un territorio suddiviso in di 71 parrocchie, raggruppate in sei vicariati.
In questi giorni il prelato si trova a Bergamo, nei territori della sua infanzia [è nato a Cologno al Serio il 21 aprile 1965] lasciati giovanissimo per seguire gli studi a Bologna, dove è stato ordinato diacono il 27 gennaio 1990 e presbitero il 15 settembre, nella cattedrale del capoluogo felsineo. Egli opera in Terra Santa dal 1999; nel maggio 2004 l’elezione a Custode, confermata il 22 marzo 2010 per un secondo mandato. Nel 2013 è stato postulato per un ulteriore triennio e il suo incarico si è concluso nell’aprile 2016. Il 24 giugno è nominato amministratore apostolico per raggiunti limiti di età dell’allora patriarca Twal.
Fra le questioni affrontate in questi anni, il restauro dell’edicola del Santo Sepolcro e l’estinzione del debito legato alla costruzione dell’università americana di Madaba, eliminando così il 60% del deficit che pesava sui bilanci del patriarcato. In precedenza, quando era ancora Custode, il papa lo aveva coinvolto nell’organizzazione dell’incontro di pace nei giardini vaticani tra il presidente israeliano Shimon Peres e l’omologo Abu Mazen.
Per il neo-patriarca è fondamentale rafforzare la missionarietà e l’evangelizzazione “attraverso i pellegrinaggi nei luoghi santi, oggi in difficoltà” a causa della pandemia di Covid-19 e “mediante la testimonianza di una vita di fede fra ebrei e musulmani”. “Siamo in una situazione di crisi economica grave - racconta - per questo bisogna per prima cosa rafforzare la solidarietà interna e il senso di comunità, oltre a mantenere le relazioni fra la nostra e le Chiese del mondo”. Non solo sul piano religioso, ma anche nell’ambito politico “questo è un periodo di attesa, non vi è spazio per grandi gesti o accordi”, ma è “tempo propizio per la semina e per lavorare all’interno delle istituzioni per ricostruire la fiducia” in un’ottica di “lungo periodo”.
Infine, una riflessione personale: “Sono rimasto molto colpito dalla partecipazione di tutte le autorità religiose e politiche, musulmane ed ebree, palestinesi e israeliane in seguito alla mia nomina”. Fra i messaggi e gli attestati “che più mi hanno colpito - conclude sua beatitudine - è la decisione di alcune persone consacrate di pregare tutte le notti per il mio futuro servizio, come gesto di solidarietà da parte di gente semplice, ma partecipe alla mia missione”.
02/12/2020 13:11
20/12/2016 11:22