Nella corsa alle elezioni in India, opposizione divisa da personalismi e differenze ideologiche
Le defezioni di diversi leader chiave hanno messo in luce la crisi della coalizione INDIA, nata a settembre dello scorso anno. Nonostante il Congress abbia siglato alcuni accordi per la divisione dei seggi, continua a scontrarsi con i partiti regionali. Ma secondo gli esperti, l'opposizione, oltre a essere danneggiata da continue indagini, non è riuscita a elaborare una narrativa comune e a coinvolgere la popolazione sui temi economici.
Milano (AsiaNews) - A pochi mesi dalle elezioni per la Lok Sabha, la Camera bassa del Parlamento indiano - che dovrebbero tenersi tra aprile e maggio - i partiti che si oppongono al Bharatiya Janata Party (BJP) al governo appaiono in crisi e disuniti, dopo aver annunciato, a settembre dello scorso anno, la creazione di un’alleanza chiamata INDIA (acronimo che sta per Indian National Developmental Inclusive Alliance, in contrasto con il termine hindi “Bharat”, utilizzato per descrivere la nazione soprattutto dai leader del BJP).
Il partito del Congress ha concordato la condivisione dei sette seggi di Delhi con l’Aam Aadmi Party (AAP), guidato da Arvind Kejriwal, attuale chief minister della capitale, e ha stretto un simile accordo con il Samajwadi Party per quanto riguarda l’Uttar Pradesh e il Madhya Pradesh.
Potrebbe suonare come un successo, ma è in realtà l’ennesimo segnale di uno smarrimento generale: alcuni leader locali, come il chief minister del Punjab, dove l’AAP è al governo e il Congress all’opposizione, hanno dichiarato di opporsi a qualunque forma di dialogo con il partito della famiglia Gandhi, mentre gli altri colloqui per la condivisione dei seggi sono in stallo a causa di personalismi e divisioni ideologiche. Il mese scorso Mamata Banerjee, popolare chief minister del Bengala occidentale e leader del Trinamool Congress Party, aveva annunciato che avrebbe affontato in solitaria le elezioni nel suo Stato e a fine gennaio anche Nitish Kumar, chief minister dello Stato settentrionale del Bihar, ha ritirato la sua partecipazione all’alleanza INDIA per schierarsi con il BJP, ricevendo accuse di aver cambiato bandiera per massimizzare le possibilità di una vittoria. I portavoce del Janata Dal, da cui proviene Kumar, avevano invece dichiarato che i rappresentanti del Congress erano più interessati a rafforzare il loro partito anziché il gruppo dell’opposizione.
Un sentimento condiviso anche dagli altri partiti regionali, secondo cui il Congress ha tentato di schierare i propri candidati nella maggioranza dei seggi, anche negli Stati in cui è debole. “Fin dall’inizio, l’alleanza dell’opposizione doveva essere qualcosa di più di una semplice aritmetica elettorale. Ma la maggior parte dei partiti mette al primo posto i propri interessi e cerca di consolidare le proprie posizioni negli Stati in cui sono più forti. Non si cedono spazio a vicenda”, ha affermato Gilles Verniers, studioso di politica indiana e membro del Center for Policy Research con sede a New Delhi. Al contrario, il BJP, da cui proviene il primo ministro Narendra Modi - secondo tutti gli osservatori destinato a vincere un terzo mandato - “è riuscito a mettere in luce la sfiducia dell'opposizione. Sta cannibalizzando i suoi partiti dall’interno, combinando queste defezioni e prosciugandole dal basso”, ha aggiunto Verniers.
Negli ultimi mesi, inoltre, le agenzie statali hanno condotto una serie di arresti e indagini nei confronti dei leader politici che si erano uniti alla coalizione INDIA, mentre sono state archiviate le inchieste di coloro che si sono schierati con il BJP. Anche Arvind Kejriwal rischia l’arresto, hanno annunciato i portavoce dell’APP, se il partito confermerà l’accordo di spartizione di seggi con il Congress.
Ma all’opposizione manca anche una narrazione condivisa che si ponga come alternativa a quella di Modi, che, eletto per la prima volta nel 2014, si è presentato come un outsider e ha poi fatto leva sul sentimento religioso indù, allontanandosi dalle radici secolari su cui era nata l’India indipendente.
Il leader del Congress Rahul Gandhi, grazie alle sue marce attraverso il Paese, è riuscito a ridare un certo slancio al Congress, ma molti dubitano sul fatto che la ritrovata popolarità possa poi trasformarsi in voti, perché anche temi come l’aumento della disoccupazione e il malcontento economico non hanno trovato sufficiente spazio nei dibattiti dell’opposizione.
L’India ha un sistema elettorale maggioritario in cui in ogni collegio vince il candidato che riceve più voti. Nel 2019, il BJP aveva ricevuto il 37% delle preferenze, ottenendo 303 seggi su 543, contro i 52 del Congress. Per le prossime votazioni, la National Democratic Alliance, che riunisce il BJP e altri partiti, punta ad ottenere 370 seggi.
"Sembra che all’opposizione manchi il fuoco e la voglia di vincere, che il BJP ha in abbondanza", ha detto il commentatore politico Arathi Jerath. “Oggi, a meno che non ci sia una rivolta popolare contro il partito al potere a causa delle difficoltà economiche, Modi sembra ben avviato a vincere comodamente un terzo mandato”.
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