Nel sud irakeno, un braccio di ferro Usa-Iran
Con temperature sopra 45 gradi, la popolazione è afflitta da mancanza d’acqua, elettricità e lavoro. Le minacce ad Al Abadi, che di nascosto ha dovuto fuggire da Bassorah. Il premier si rivolge all’Arabia saudita per ricevere elettricità. Teheran non la eroga più dopo decenni di insolvenze nei pagamenti dell’Iraq. Le manifestazioni benedette dall’ayatollah Al Sistani.
Baghdad (AsiaNews) – È la seconda settimana di proteste per gli abitanti di cinque province irachene meridionali abitate in modo prevalente da sciiti. La gente si rivolta contro problemi che durano ormai da oltre 20 anni e che si acuiscono ogni anno, con l’arrivo della stagione calda. Manca l’acqua, ma soprattutto la corrente elettrica in zone dove la tempertura estiva, anche di notte, non scende al di sotto di 45°C. La gente impossibilitata a utilizzare i climatizzatori, o i ventilatori, tenta di conciliare il sonno dormendo sulle terrazze, tempeste di sabbia permettendo. A questi disagi si aggiungono: il caro-vita, gli stipendi bassi, l’acuta disoccupazione dei giovani, il sistema sanitario scadente, l’istruzione mediocre, la corruzione rampante: tutti gli elementi per un’esplosione.
Quest’anno le abituali irose proteste odorano di rivolta. A Bassorah, roccaforte delle proteste la settimana scorsa, è giunto il Primo ministro Haydar Al Abadi per calmare le acque, ma ha dovuto abbandonare l’albergo Sheraton dalla porta di servizio per sfuggire all’ira dei manifestanti minacciosi che avevano fatto irruzione in barba a tutte le misure di sicurezza. Ieri, sempre a Bassorah ed in una mossa parallela a quella subita da Abadi, in una via principale di Bassorah alcuni ignoti hanno dato alle fiamme una foto dell’Ayatollah Khomeini. Il premier Al Abadi, con mandato scaduto, intende rimanere al potere facendo varare un governo di emergenza per la durata di due anni, con l’approvazione di Washington. Una delle ultime misure adottate da Abadi è stata quella di far diminuire la quota di visti d’ingresso per i cittadini iraniani in Iraq, proprio nel momento in cui gli Stati Uniti hanno rafforzato l’embargo contro l’Iran. Se si analizzano poi i danni causati dalle proteste di alcuni saccheggiatori, non si può escludere una qualche influenza straniera.
I manifestanti hanno alzato il tetto delle rivendicazioni con lo slogan «Il petrolio di Bassorah a Bassorah», chiedendo il recupero dei pozzi pettroliferi di Al Rumaila, Gharb Al Qarna, Al Majnun e Al Sayba; la rottura dei contratti con le compagnie straniere per l’estrazione del greggio e la sostituzione del personale straniero con lavoratori iracheni. I primi tre pozzi di petrolio menzionati sono fra i più grandi al mondo ed i pozzi di Bassorah esportano da soli 3 milioni di barili di petrolio al giorno, superando tutte le esportazioni iraniane attraverso il Golfo, che raggiungono 2,8 barili al giorno. Dopo le minacce Usa di impedire all’Iran di esportare il greggio via Golfo, con la relativa minaccia iraniana di chiudere lo stretto di Hormuz (da dove transita 88% del petrolio dei paesi del Golfo ), ogni arresto nell’esportazione di greggio iracheno non può che giovare a Teheran nella guerra fredda con gli Usa.
Benedette da una fatwa dell’ayatollah Al Sistani, che appoggia le rivendicazioni degli oppressi e dei cittadini dimenticati ed ignorati del sud del Paese, le rivolte interne non rallentano. Al Abadi, incapace nel poter gestire la sicurezza basandosi soltanto sulle forze dell’ordine e dell’esercito, non potrà che rivolgersi ad Al Hasd al Sha’abi, le milizie paramilitari sciite, eroi della liberazione del Paese da Daesh, anche se è nota la loro assoluta fedeltà a Teheran. Intanto l’Iran si è rifiutato di rinnovare il contratto di vendita di corrente elettrica all’Iraq. A Teheran si mormora che ciò avviene per l’insolvenza pluriennale delle fatture da parte del Paese dei due fiumi. In tal modo si priva il sud del dell’Iraq di 1300 Megawatt di corrente elettrica.
Il primo ministro Abadi ha incaricato subito il ministro della corrente elettrica Qasim Al Fahdawi di recarsi in Arabia Saudita, dove è atteso in settimana, per firmare un memorandum d’intesa con Riyadh per l’acquisto di corrente elettrica saudita. L’Iran aveva interrotto l’erogazione della corrente elettrica all’inizio di questo mese dopo 10 anni di vendita ed un presunto guadagno di 6 miliardi di dollari, somma, che se veramente pagata all’Iran, avrebbe permesso all’Iraq di edificare circa 12 Centrali elettriche secondo la stampa dell’opposizione. Rivolgendosi all’Arabia Saudita, Al Abadi sembra aver scelto il suo campo, ma non si sa fino a quando potrà resistere davanti al braccio di ferro fra Usa e Iran.