Nel sud del Paese ora c’è rischio di una tragedia umanitaria
Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – L’Uzbekistan ha annunciato ieri notte la chiusura del confine con il Kirghizistan, per frenare la marea ininterrotta di persone, soprattutto etnici uzbeki, che fuggono dalle violenze armate del loro Paese. Le Nazioni Unite hanno chiesto ieri l’immediata creazione di un “corridoio umanitario” per aiutare i profughi e portare aiuti a una popolazione che già aveva difficoltà economiche e ora è sempre più sull’orlo della carestia.
Nel sud proseguono gli scontri, con gruppi armati che affrontano la polizia in conflitti a fuoco, rapinano e violentano. A Osh e Jalalabad si parla di diffuse violenze contro gli etnici uzbeki, alle quali talvolta partecipano pure persone in uniforme. Le cifre ufficiali sono di almeno 138 morti e 1.622 feriti, ma tutti ritengono il dato molto sottostimato.
Il governo provvisorio di Roza Otunbayeva ha ormai perso il controllo del sud del Paese e non appare in grado di ristabilire l’ordine: ha mandato reparti dell’esercito e volontari armati, secondo fonti locali con l’ordine di “sparare per uccidere”, ma questo finora ha solo esacerbato la situazione.
Il ministro uzbeko per le Emergenze ha parlato ieri di 75mila profughi, ma altre fonti già parlano di oltre 150mila, soprattutto donne e bambini.
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu nella riunione di ieri ha evidenziato la necessità di portare aiuti alla popolazione, colpita dalla violenza e anche dalla scarsità di cibo, acqua, elettricità, medicine, soprattutto a Osh. Per questo occorre subito creare “uno spazio umanitario o corridoio” perché funzionari Onu e di altri gruppi possano “dare assistenza alla gente in stato di bisogno”. Le normali vie di approvvigionamento sono state interrotte dalle violenze e nella zona cresce il bisogno di tutto. Ieri a Osh i rifornimenti di cibo, medicine e altri generi essenziali sono arrivati tramite aerei cargo. Le Nazioni Unite hanno anche promesso aiuti a Tashkent per i molti profughi e hanno sollecitato “interventi urgenti della comunità internazionale”. Peraltro il Consiglio non ha indicato iniziative concrete.