"Nazionalismo ebraico" dietro la morte del giovane palestinese
Gerusalemme (AsiaNews) - "Motivi nazionalisti" hanno portato alla morte del giovane palestinese Mohammed Abu Khdair. Lo ha dichiarato la polizia dopo aver arrestato sei giovani ebrei, sospettati di aver rapito e ucciso il ragazzo palestinese. Stamane tre dei sospettati hanno confessato il loro crimine. La polizia sta anche investigando per vedere se i sei arrestati sono collegati a un altro tentativo di rapimento, quello di Mussa Zalum, un bambino di 9 anni, scongiurato dalle grida della madre che ha assalito i rapitori e dai vicini accorsi subito.
La morte di Mohammed Abu Khdair è seguita a quella di tre giovani israeliani, scomparsi a metà giugno e i cui corpi sono stati trovati la scorsa settimana.
Dall'autopsia, emergono particolari raccapriccianti: Mohammed Abu Khdair sarebbe stato bruciato vivo, dato che i suoi polmoni erano pieni di fumo e il corpo presentava ustioni per il 90%.
Ad accrescere lo sgomento, ieri è stato diffuso un video in cui due poliziotti israeliani picchiano con violenza un 15enne, cugino di Abu Khdair, accusato di aver lanciato pietre contro le forze dell'ordine.
Il ragazzo, Tariq Khdair, è un cittadino statunitense, che era in visita ai parenti e al cugino ucciso a Gerusalemme est. Ora, col volto tumefatto e pieno di lividi, è stato consegnato alla famiglia, obbligandolo a nove giorni di arresti domiciliari.
Molta popolazione israeliana è sotto shock per l'arresto dei sei giovani, probabili responsabili dell'assassinio e per queste espressioni di eccessiva violenza.
Alcuni ricordano che nel recente passato, gruppi di coloni fondamentalisti giustificavano la violenza e l'uccisione dei palestinesi come una "redenzione" della terra di Israele, che Jahvé aveva ridonato agli ebrei. Le violenze sarebbero lo strumento per affrettare il ritorno del Messia.
Ieri il premier Benjamin Netanyahu ha condannato l'uccisione di Abu Khdair, dicendo che egli condanna "gli appelli ad uccidere gli arabi" come quelli "ad uccidere gli ebrei".
Subito dopo egli ha mostrato le "differenze": "Là gli assassini sono acclamati come eroi e si intitolano piazze in loro onore... Noi processiamo quelli che incitano [alla violenza], mentre l'incitamento nell'area dell'Autorità palestinese è portato avanti con strumenti ufficiali e nel sistema educativo".
Quasi a risposta alle affermazioni del premier israeliano, un editoriale di Anshel Pfeffer pubblicato oggi su Haaretz mette in guardia dal troppo facile prendere le distanze "negando", e affermando che "quegli assassini non agivano come ebrei, noi non siamo così".
L'editorialista mostra citando diversi fatti di sangue (uccisione di palestinesi, incendi di case di palestinesi, ecc...) che nella società israeliana vi è un crescendo di violenza, razzismo, discorsi di odio, incrementati anche da un sistema scolastico che non prevede lo studio dell'arabo, non spiega nulla della cultura araba circostante e non insegna i fondamentali diritti umani.
Per Pfeffer, in Israele vi è "un ambiente dove il razzismo casuale è la norma".