Narcotraffico e diplomazia: Jakarta richiama il suo ambasciatore per il Brasile
Jakarta (AsiaNews) - Questa mattina l'Indonesia ha richiamato a Jakarta l'ambasciatore designato per il Brasile, Toto Riyanto, in protesta per il ritardo manifestato dal governo del Paese sudamericano nell'accettare le credenziali del delegato. L'incidente diplomatico è avvenuto prima che sia giustiziato un cittadino brasiliano in una prigione di Central Java, condannato a morte per spaccio di droga. L'esecuzione avverrà fra sette giorni.
Come da protocollo, ieri mattina Riyanto si trovava nel palazzo di Stato del presidente brasiliano Dilma Rousseff per presentare le sue credenziali diplomatiche. Tuttavia, all'improvviso sarebbe stato chiesto all'ambasciatore designato di lasciare l'edificio. Come riferito dal ministero indonesiano degli Esteri, la sua controparte brasiliana avrebbe chiesto a Riyanto di lasciare il palazzo di Stato, in segno di protesta contro la rigida posizione dell'amministrazione indonesiana di giustiziare nei prossimi giorni un cittadino del Paese latinoamericano.
"Al momento - ha dichiarato la Rousseff durante la cerimonia - è urgente chiarire i nostri rapporti diplomatici con l'Indonesia".
Il condannato a morte si chiama Rodrigo Gularte, 42 anni. Secondo i media, l'uomo soffre di schizofrenia e dovrebbe essere ricoverato in una struttura psichiatrica. Il 17 dicembre 2014 un altro cittadino brasiliano, Marco Archer Cardoso Moreira, 53 anni è stato giustiziato per traffico di droga.
Nella serata di ieri Retno Marsudi, ministro degli Esteri di Jakarta, ha confermato che non ci sarà alcun ritardo nel giustiziare i sette cittadini stranieri (di nazionalità francese, brasiliana, australiana, ghanese e filippina) e un indonesiano, tutti condannati per narcotraffico. "Il nostro impegno nel dichiarare guerra alla droga - ha dichiarato - non ha il solo scopo di salvare i nostri giovani, ma tutto il mondo".
"Questo atto improprio - ha dichiarato il ministro indonesiano - è duro da credere e accettare dal punto di vista diplomatico". Marsudi ha definito l'accaduto "una grave frode diplomatica", e ha aggiunto: "Come Stato indipendente, abbiamo le nostre regole e il nostro sistema legale per proteggere gli interessi nazionali. Qualsiasi intrusione straniera nei nostri affari domestici non è appropriata in questioni che coinvolgono il nostro impegno deciso di combattere lo spaccio di droga".