Moussavi lancia un’altra giornata di lutto e di manifestazioni
Teheran (AsiaNews/Agenzie) - Mir Hossein Moussavi, il candidato presidenziale apparentemente sconfitto con la truffa alle elezioni, ha lanciato un’altra giornata di lutto per i sette civili morti nelle manifestazioni dei giorni scorsi e domanda ai suoi sostenitori di continuare a dimostrare sebbene vi sia il divieto del governo per raduni “illegali”. Il Consiglio dei Guardiani ha programmato un incontro con i tre sconfitti per sabato 20 giugno.
Quest’oggi il primo raduno è davanti alla sede della Nazioni Unite e il secondo sulla piazza dell’Imam, non lontano dal grande bazar, nel sud della capitale.
Moussavi insieme a Mehdi Karoubi et Mohsen Rezaï, gli altri candidati eliminati dalle elezioni tenutesi il 12 giugno scorso, hanno presentato il ricorso ufficiale al Consiglio dei Guardiani della rivoluzione, incaricati dal supremo leader Alì Khamenei di ricontare i voti in alcune aree. I tre hanno denunciato almeno 646 violazioni. Il Consiglio dei Guardiani incontrerà i tre candidati il 20 giugno, ma i tre hanno già richiesto a più riprese l’indizione di nuove elezioni.
Dopo gli incidenti e le violenze dei giorni scorsi, ieri diverse decine di migliaia di manifestanti hanno marciato nella città in silenzio e senza scontri.
Moussavi e l’ex presidente riformatore Khatami hanno richiesto la liberazione delle persone incarcerate nei giorni scorsi. Secondo fonti non verificabili vi sono almeno 100 arrestati, fra cui anche alcuni politici e giornalisti.
Secondo analisti iraniani e stranieri, le folle che riempiono le strade in questi giorni hanno una composizione variegata, come è visibile dal fatto che nelle manifestazioni essi portano i ritratti di Khomeini, di Khamenei, di Khatami e di Moussavi. Fra di loro vi sono sostenitori del candidato presidenziale che è stato eliminato, considerato un “duro” ai tempi di Khomeini, e anche riformisti che vorrebbero una maggiore apertura con l’occidente. Vi sono i giocatori della squadra di football dell’Iran che ieri sera hanno giocato in Corea con un bracciale verde, come quello dei dimostranti di Teheran; ma vi sono anche donne col chador e le stesse bandane verdi che i dimostranti indossano significano obbedienza a un islam puro, non distante dagli ideali di Khomeini e Khamenei. Secondo lo studioso Abbas Barzegar, non si può paragonare le manifestazioni di questi giorni a una “primavera di Praga” o a un “movimento della Tiananmen”. Appare infatti improbabile che essi vogliano sfidare il sistema della Repubblica islamica, sebbene domandino riforme rispetto alle chiusure volute da Ahmadinejad.
Diversi analisti suppongono che a manovrare le manifestazioni dietro le quinte vi sia il potente Hashemi Rafsanjani, ex presidente, la cui famiglia gestisce un grosso impero economico in Iran. Ahmadinejad, che ha deciso una dura lotta contro la corruzione sembra essere il suo nemico. La figlia di Rafsanjani è stata vista partecipare ad alcune manifestazioni.
Diverse volte in questi giorni Alì Khamenei ha chiesto a Moussavi di distanziarsi da “coloro che vogliono creare il caos in Iran” e di fare tutte le richieste di revisione dei voti usando “le vie legali”.
I Guardiani della rivoluzione e i sostenitori di Ahmadinejad rimangono sicuri della loro vittoria. Flynt Leverett e Hillary Mann Leverett, americani, esperti dell’Iran, fanno notare che la percentuale con cui egli ha vinto le elezioni (pur accusate di truffa), il 62,6 % non è distante dalla percentuale del 61,69 con cui egli ha vinto nel 2005. E non si può escludere che il populismo e il nazionalismo di Ahmadinejad gli abbiano attirato molte simpatie, forse soprattutto nelle campagne.