Mosca e Pechino, alleanza di fatto contro il terrorismo islamista
Nonostante la concorrenza tra le due grandi potenze, la presa dell'Afghanistan da parte dei talebani impone l'interesse comune nell'arginare i gruppi radicali in Asia Centrale. Già nei giorni scorsi manovre militari congiunte russo-cinesi. Intanto anche Lukašenko rischia ripercussioni economiche dal nuovo corso di Kabul.
Mosca (AsiaNews) - Le manovre militari congiunte russo-cinesi dei giorni scorsi nel nord-ovest della Cina, con finalità anti-terroristiche, testimoniano la comune preoccupazione di Pechino e Mosca per la spirale di violenza che può scatenarsi dopo la presa di Kabul da parte dei talebani. Secondo molti osservatori, i gruppi estremisti possono rafforzare le proprie posizioni presso i confini delle due grandi potenze asiatiche e questo sembra riavvicinare i due Paesi, che spesso appaiono come concorrenti nella sfera economica dell’Asia centrale. Anche se alcuni temono che in realtà questa tensione possa acuirne in seguito l'antagonismo.
Nella regione autonoma cinese di Ningxia attualmente sono dislocati oltre 10 mila soldati di entrambi i Paesi, con un grande equipaggiamento di artiglieria, aerei e mezzi corazzati. Le manovre di addestramento sono programmate per contrastare atti di guerriglia in territori di difficile controllo. Il ministero della difesa russo sottolinea che il compito delle manovre è “la dimostrazione della decisione e delle capacità di Russia e Cina nella lotta contro eventuali nemici di terra”. Manovre simili si svolgono con la collaborazione dei russi anche negli altri Paesi dell’Asia centrale, soprattutto in Uzbekistan e Tagikistan.
Il conflitto tra russi e cinesi rimane invece in campo economico, in cui entrambi cercano di attrarre i Paesi della regione nella propria area d’influenza. Attualmente entrambi devono preoccuparsi anzitutto della stabilità economica della zona, come sostiene Vasilij Kašin dell’Istituto dell’Estremo Oriente dell’Accademia delle Scienze russe: “Sia la Russia sia la Cina devono ora evitare la destabilizzazione dell’area, e anche il ricollocamento della presenza militare Usa”. A suo parere, se la situazione dovesse peggiorare, si porrebbe il problema di agire in modo più deciso: “Si potrebbe arrivare a una coalizione militare russo-cinese, nessuno potrebbe controllare da solo la situazione”. Se un conflitto dovesse rimettere tutto in gioco, sarebbe, però, difficile prevedere l’esito di questa alleanza puramente tattica.
La Russia è anche particolarmente preoccupata per la possibile espansione dei talebani all’interno dei territori della Federazione, attraverso le linee dei Paesi ex-sovietici. È quanto sottolinea il noto giornalista Dmitrij Gordon su Ekho Moskvy: “Se i talebani si presentassero alle frontiere russe, si porrebbe il problema di come contenerli, conoscendo la loro abilità in terre così impervie, e la loro indefessa attitudine alla guerriglia, che comincia col mettere i fucili Kalašnikov in mano ai bambini di 10 anni”. In Russia, ricorda Gordon, vivono quasi 30 milioni di musulmani, in territori annessi dalla Russia negli ultimi due secoli, e molti di loro potrebbero essere attratti dal fondamentalismo degli “studenti di Allah”.
Gli stessi Paesi centrasiatici, guidati da regimi formalmente “laici”, sono molto preoccupati dalla formazione dell’emirato islamico dietro casa. I talebani assicurano di non volersi intromettere negli affari interni di questi Paesi, ma la loro stessa ideologia sembra contraddirli, e non è affatto chiaro quali rapporti verranno effettivamente stabiliti sia a livello bilaterale che complessivo.
Un allarme particolare viene anche dalla Bielorussia, che nell’esportazione in Afghanistan trovava uno dei punti forti della sua economia: solo nel 2020 essa ammontava a 184 milioni di dollari, e nel 2021 era già arrivata a 113 milioni. Si tratterebbe in realtà solo dell’1% dell’export bielorusso complessivo, ma il Paese verrà a breve colpito da pesanti sanzioni occidentali a causa delle repressioni di Lukašenko.
La situazione dell’Afghanistan, inoltre, si è verificata proprio nel momento cruciale dei pagamenti del debito estero bielorusso, da effettuare in dollari, e le mancate entrate afghane potrebbero risultare particolarmente dolorose, come rileva l’economista bielorussa Katerina Bornukova su Zerkalo.io: “Attualmente la Bielorussia esporta in Russia soprattutto trattori e prodotti petroliferi, dietro i quali spesso si camuffano i traffici d’armi… non si sa quanto i talebani ne avranno ora bisogno, dato che le armi a loro sembra non manchino”.
In seguito alle sanzioni, la Bielorussia sarà costretta a cercare altre vie per realizzare guadagni dalle proprie produzioni, e il rischio è che il tutto si rovesci sul “grande fratello” russo.
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