Mosca e Kiev, la guerra delle Chiese fatta a colpi di leggi ‘anti-ortodosse’
Il parlamento ucraino vuole varare delle leggi che umiliano il Patriarcato di Mosca e favoriscono il Patriarcato di Kiev. La lotta coinvolge anche il Vaticano e i cattolici. Anche l’Ucraina, come la Russia, sta tornando indietro sulle leggi a garanzia della libertà religiosa.
Mosca (AsiaNews) - Le relazioni tra le elites politiche dell'Ucraina e il Patriarcato di Mosca sono state cariche di tensioni per tutto il periodo del conflitto russo-ucraino. Dalle manifestazioni del Maidan agli inizi del 2014, alla successiva annessione della Crimea e all'inizio degli scontri bellici nell'Ucraina orientale, stanno ora raggiungendo l'apice della contrapposizione.
Al presente, il parlamento ucraino, la Verkhovnaja Rada, sta valutando dei progetti di legge che hanno suscitato una reazione molto negativa dei vertici ecclesiastici moscoviti. I gruppi parlamentari della maggioranza, composta dal "Blocco di Petro Poroshenko", dal "Fronte Nazionale", "Autosoccorso" e del Partito Radicale, hanno avanzato due progetti di legge, che secondo il Patriarcato di Mosca rappresentano una diretta minaccia alle proprie posizioni in Ucraina.
Il primo di essi è di tono molto patriottico e militante. Si chiama "Sullo stato particolare delle associazioni religiose i cui centri direttivi si trovano in un Paese riconosciuto dalla Verkhovnaja Rada come Stato aggressore". In caso di sua approvazione, tali comunità religiose (in pratica, quelle dipendenti dal Patriarcato di Mosca) saranno costrette a firmare un accordo con lo Stato in cui si impegnano a "rispettare la sovranità, l'integrità territoriale e le leggi dell'Ucraina" e attendere la nuova registrazione. Una volta ottenuta, esse dovranno concordare le nomine dei propri gerarchi centrali e regionali (il metropolita e i vescovi) con le autorità statali.
Un'altra iniziativa di legge propone di variare la legge vigente sulla libertà religiosa, permettendo alle comunità religiose di cambiare la propria giurisdizione ecclesiastica, passando da un Patriarcato all'altro (preferibilmente, da quello di Mosca a quello di Kiev). Sarà sufficiente una votazione a maggioranza semplice dell'assemblea parrocchiale.
Tali progetti sfacciatamente anti-russi hanno suscitato una forte reazione negativa dei rappresentanti del patriarcato di Mosca, che li definisce semplicemente "anti-ortodossi". La Chiesa fedele a Mosca ha radunato i propri fedeli sotto le mura della Rada, con stendardi e icone in preghiera "per il ritorno alla ragione dei deputati". Anche i membri delle opposizioni parlamentari hanno chiamati tali testi non soltanto anti-ortodossi, ma anche "anti-ucraini". Il deputato Novinskij ha parlato di "iniziative ateistiche, in grado di spaccare definitivamente il Paese e farlo precipitare in una ancora più sanguinosa contrapposizione su basi religiose". Uno dei prelati di obbedienza moscovita, il metropolita Luka, ha dichiarato che "oggi i servi del diavolo, che gridano alla ‘de-comunistizzazione’ del Paese, sono andati ben oltre i loro maestri ‘neo-democratici’... Essi propongono di approvare leggi che intendono distruggere la vita spirituale della nostra Chiesa madre".
In questa lotta contro i "servi del diavolo", la Chiesa moscovita si è rivolta in cerca di aiuto anche al principale avversario storico, la Chiesa Cattolica. Il console ucraino presso la Santa Sede è stato ricevuto dalla Segreteria di Stato vaticano, dove ha esposto i contenuti delle iniziative di legge parlamentari di questi giorni. Il Patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev) ha inviato dei messaggi al presidente ucraino Poroshenko, al presidente russo Putin, ai garanti degli Accordi di Minsk (la tedesca Merkel e il neo-eletto presidente francese Macron), al Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres e al segretario del Consiglio mondiale delle Chiese Olav Fykse Tveit. In essi il Patriarca afferma che "in caso di approvazione di tali leggi, verrà legalizzata una forma di discriminazione mai vista in Europa, quella della maggioranza ortodossa della popolazione ucraina". Il Patriarca ha paragonato tale situazione a quella della Germania nazista.
Vladimir Legojda, portavoce del Patriarcato di Mosca, ha sottolineato che "nessuna comunità religiosa dell'Ucraina ha appoggiato tali iniziative", anche se in realtà dietro ai deputati della maggioranza c'è proprio la principale Chiesa antagonista nei confronti di Mosca, il Patriarcato di Kiev guidato dall'ottantottenne Filaret (Denisenko), che si staccò da Mosca negli anni ‘90 al momento del crollo dell'Urss. Tale Chiesa non viene considerata nelle dichiarazioni di Legojda, in quanto Mosca non ne riconosce la canonicità, negandone la natura di comunità religiosa e considerandola un "gruppuscolo di politici sciovinisti". Il nuovo progetto imporrebbe invece alla Chiesa di Mosca il riconoscimento del Patriarcato di Filaret.
Al momento, la votazione sui due progetti di legge è stata rimandata, ma si prevede che avverrà a breve. Nel frattempo cresce la tensione tra la popolazione, in cui la maggioranza anti-russa considera i rappresentanti del Patriarcato di Mosca come i veri fomentatori del conflitto in Donbass e in altre zone del Paese. Si ricordano i numerosi episodi di questi anni, in cui alcuni sacerdoti della giurisdizione moscovita hanno apertamente appoggiato le milizie russe e benedetto le loro armi.
La contrapposizione fra i due Patriarcati di Mosca e Kiev si basa anche sulla guerra dei numeri, che vedrebbe prevalere i filo-russi con circa 10mila parrocchie contro 5mila (numeri non ufficiali). Il problema è che, per complesse problematiche di registrazione ufficiale, a oggi non è possibile realizzare una statistica credibile del numero delle comunità, estendendo la questione anche alle parrocchie greco-cattoliche, romano-cattoliche (latine) e di altre giurisdizioni ortodosse, per non parlare delle associazioni di altre religioni.
Il segretario sinodale del Patriarcato di Kiev, l'arcivescovo Evstratij (Zorja), ha rilasciato un'intervista a una radio russa, affermando che in Ucraina non c'è corrispondenza tra il numero delle comunità registrate dei due patriarcati e la reale quantità dei rispettivi fedeli. Secondo le leggi attuali, qualunque gruppo formato da 10 cittadini ucraini può formare un'associazione religiosa e chiedere lo status di persona giuridica; le statistiche si riferiscono solo al numero di tali gruppi registrati, e non al numero dei fedeli da essi rappresentati. Secondo Evstratij, tali registrazioni sono state effettuate sotto la precedente amministrazione filo-russa, per cui "è vero che Mosca ha il doppio delle parrocchie rispetto a Kiev, ma sono tutte delle anime morte", ha detto il prelato ricordando il famoso romanzo russo dello scrittore ucraino Nikolaj Gogol.
L'arcivescovo della Chiesa kievana ha citato invece una ricerca sociologica indipendente del Pew Research Center, pubblicata lo scorso 10 maggio, secondo cui solo il 17% degli ucraini considera il Patriarca di Mosca come leader dell'Ortodossia; il 7% si riferisce direttamente al Patriarca di Costantinopoli (che ha una sua giurisdizione in Ucraina), mentre ben il 46% degli intervistati riconosce come massima autorità ortodossa del Paese il Patriarca di Kiev, Filaret. Se Mosca si ritiene la prima Chiesa del Paese, afferma Evstratij, questo è vero solo sulla carta, ma in realtà per numero di fedeli è la Chiesa di Kiev a prevalere ed è giusto che tali fedeli abbiano la possibilità di scegliere liberamente a quale giurisdizione fare riferimento.
Al di là della "prova di forza" e della guerra di dichiarazioni tra i due Patriarcati, c'è da considerare che le leggi che regolano la libertà religiosa in Ucraina sono tuttora impostate secondo le direttive liberali dei primi anni Novanta, quando si voleva permettere a chiunque di organizzare le attività tanto a lungo proibite dal regime comunista. Anche in Russia le leggi all'inizio erano altrettanto permissive, ma dal 1997 in poi (e soprattutto nell'ormai quasi ventennio putiniano), le misure ufficiali e le linee politiche sono andate sempre più verso la protezione degli interessi della "Chiesa di Stato", il Patriarcato di Mosca.
Le scandalose misure "ad ecclesiam" della Rada ucraina, che chiaramente mirano a introdurre forti elementi di discriminazione anti-russa, sono ricalcate proprio su quelle russe, a loro volta discriminatorie verso i non ortodossi. Come a dire: chi la fa l'aspetti, anche in un campo così delicato per la vita e la coscienza delle persone. Sperando che la faida russo-ucraina non trascenda verso conflitti ancora peggiori.
12/09/2017 12:23
14/05/2019 11:04
21/12/2018 08:17