27/04/2020, 08.21
RUSSIA
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Mosca, il coronavirus falcidia chiese e monasteri

di Vladimir Rozanskij

Il clero della cattedrale patriarcale è sottoposto a controlli: è morto il protodiacono Evgenij Trofimov, dopo il parroco Aleksandr Agejkin. Giorni prima avevano concelebrato la liturgia con il patriarca Kirill e altri vescovi e sacerdoti. Forte diffusione dell’infezione nella Lavra di San Sergio, di San Serafino, nelle Grotte di Kiev. Per alcuni fedeli questa è una “punizione di Dio”; per altri, i morti sono dei martiri dell’infezione.

Mosca (AsiaNews) - Un altro membro del clero della cattedrale patriarcale di Elokhovo, il protodiacono Evgenij Trofimov (foto 2), è morto il 25 aprile a causa dell’infezione da coronavirus. Il primo dei diaconi della cattedrale aveva 61 anni ed era un infermiere professionale per formazione; nel 1990 era stato ordinato diacono dal patriarca Aleksij II (Ridiger), poco dopo la sua elezione al soglio patriarcale, e da allora era la voce più riconoscibile nelle solenni liturgie cattedrali.

La morte del parroco della cattedrale, padre Aleksandr Agejkin, avvenuta pochi giorni prima, ha suscitato molta commozione e grandi preoccupazioni per le sorti del clero ortodosso russo. I suoi funerali si sono svolti nella stessa cattedrale patriarcale a porte chiuse il 22 aprile. Il patriarcato di Mosca ha rilasciato un comunicato di condoglianze, ricordando le grandi sofferenze del 48enne sacerdote nella clinica di Lapino prima della scomparsa. Fino all’ultimo, peraltro, era stato negata ogni notizia circa la sua infezione da coronavirus.

A inizio aprile, lo stesso Agejkin, aveva rilasciato al sito Pravda.ru un’intervista in cui affermava la sua confidenza nell’assistenza divina in caso di infezione. Il 3 aprile egli aveva celebrato insieme al patriarca Kirill (Gundjaev), prima che il patriarca compisse in automobile la processione “purificatrice” con l’acqua santa per le strade di Mosca. Diversi altri vescovi e sacerdoti avevano concelebrato lo stesso giorno, e quasi tutti sono ora alle prese con l’infezione da virus.

Le notizie sui sacerdoti toccati dalla pandemia vengono ora decisamente occultate, per non impressionare troppo i fedeli a cui ben pochi sacerdoti rimangono disponibili per le celebrazioni nelle chiese della capitale. Il 23 aprile è stata formata una commissione apposita presso il patriarcato, ma negli ultimi giorni essa ha interrotto la diffusione di informazioni sul numero dei sacerdoti infetti. Un comunicato del portavoce patriarcale Vladimir Legojda nega qualunque censura, e afferma la disponibilità del patriarcato “a coordinarsi con tutte le altre agenzie d’informazione”.

Nel frattempo un altro stretto collaboratore del patriarca, il 71enne protoierej Vladimir Veriga (foto 3), è morto a sua volta per il coronavirus. Veriga era il direttore per la distribuzione degli aiuti umanitari del patriarcato negli anni ’90, e direttore spirituale della scuola iconografica Aleksandria. Egli serviva anche da padre spirituale alle monache del monastero della Protezione di Kotkovo, in cui è in corso l’infezione epidemica di quasi tutte le monache.

Il 24 aprile è stato trasportato d’urgenza in ospedale dal monastero Novospasskij anche il primo collaboratore dell’amministrazione patriarcale, il metropolita Dionisij (Porubaj), che dirige anche lo stesso comitato per il coronavirus. I rimanenti membri del comitato assicurano che Dionisij continua a guidare il gruppo anche dall’ospedale. Nel monastero molti sarebbero positivi al virus, come anche si registra una forte diffusione dell’infezione in diversi altri monasteri, soprattutto alla Lavra di s. Sergio (il principale monastero russo) e a quello di s. Serafino a Diveevo, dove riposano le spoglie di s. Serafino di Sarov, il più famoso starets dell’800. Anche l’Accademia Teologica di Mosca, che è situata a s. Sergio, è stata posta in rigorosa quarantena.

Notizie ancora più inquietanti provengono dai monasteri ucraini del patriarcato di Mosca, a cominciare dalla Lavra delle Grotte di Kiev, e da quelli della Bielorussia, dove il virus viene negato dallo stesso presidente Aleksandr Lukashenko. Anche l’Accademia Teologica di Minsk è sottoposta alla quarantena più stretta. La sensazione generale è di smarrimento apocalittico; le tante dichiarazioni sulla protezione divina dall’infezione, fanno ora pensare a una “punizione divina” sulla Chiesa russa, come commentano diversi fedeli sui social: “Dobbiamo aver fatto qualcosa di sbagliato, se il Signore ha deciso di intervenire in modo così severo”. Altre voci invocano invece la proclamazione dei sacerdoti defunti come strastoterptsy, “martiri della passione” per il coronavirus.

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