Morto padre Chaplin, campione dell’integralismo ortodosso
La sua scomparsa (a soli 51 anni) lascia in qualche modo un vuoto nella comunità ortodossa russa, che non si sa chi vorrà occupare, soprattutto chi saprà coniugare la più esplicita intolleranza con la capacità di stringere rapporti a tutto campo, di provocare reazioni e approfittarne per inaugurare nuove vie diplomatiche, augurare la rottura (anche con le altre Chiese ortodosse) e negoziare nuove possibilità di incontro.
Mosca (AsiaNews) - Lo scorso 26 gennaio è scomparso in modo inatteso il protoierej Vsevolod Chaplin, a soli 51 anni per un’inattesa ischemia che ha portato all’arresto cardiaco. Il sacerdote, per molti anni uno dei principali collaboratori del patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev), è crollato a terra sul sagrato della chiesa di S. Teodoro Studita presso le Porte di Nikita, al centro di Mosca, dove da quattro anni era parroco; l’ambulanza giunta pochi minuti dopo ha potuto soltanto constatare il decesso.
Dopo aver servito per più di vent’anni al Dipartimento degli affari esteri del patriarcato, come responsabile dei rapporti con la società, padre Vsevolod era stato sollevato dall’incarico nel 2015, quando il patriarca decise di allontanare i rappresentanti delle tendenze più radicali all’interno delle strutture centrali, come il giornalista Sergej Chapnin, esponente dei più “dialoganti”, e appunto Chaplin, punto di riferimento degli ortodossi più radicali e intransigenti. La sua scomparsa ha suscitato reazioni molto contraddittorie e appassionate, essendo da anni uno dei protagonisti più conosciuti del dibattito pubblico sui temi dell’identità nazionale e della contrapposizione tra la Russia e l’Occidente liberale e “moralmente degradato”.
Il patriarca Kirill ha evitato di esprimersi circa la morte di uno dei suoi primi collaboratori fin dagli anni ’90, quando il giovane Vsevolod iniziò già da seminarista a dare il suo contributo nell’elaborazione della dottrina sociale della Chiesa ortodossa russa. Nel Sinodo del 2000 questo lavoro produsse un importante documento sui rapporti tra la Chiesa e la società, che in qualche modo funse da programma ideologico per la presidenza appena cominciata di Vladimir Putin. Chaplin appoggiò con entusiasmo la campagna putiniana in Ucraina del 2014, che portava il sovranismo ortodosso a un livello molto più estremo e aggressivo, e questo provocò il dissidio con lo stesso Kirill, che non condivise tale ideologica politico-religiosa.
In gioventù padre Chaplin non era affatto così radicale, anzi si mostrava molto favorevole al dialogo ecumenico e alle relazioni internazionali della Russia ortodossa, come membro del dipartimento guidato dall’allora metropolita Kirill e insieme all’attuale direttore dello stesso, il metropolita Ilarion (Alfeev). Nel 2009, con la nomina di Kirill a patriarca, Chaplin divenne il volto più noto del patriarcato, intervenendo sui mezzi d’informazione per illustrare le linee-guida dell’idea di una Russia ortodossa capace di far fronte al declino secolarista e globalista imposto dalla politica dell’Occidente.
Dal 2015 il protoierej lavorava in parrocchia come semplice parroco, ma continuava a intervenire soprattutto sulle reti social con proclami sempre più minacciosi e apocalittici, incitando alla “crociata ortodossa” contro l’islamismo e il secolarismo, invitando perfino a non temere una guerra nucleare tra la Russia e l’America: “A differenza degli americani, noi non abbiamo paura della distruzione delle grandi città: che cosa devono temere le persone che vivono già nella dimensione dell’eternità? La Russia profonda delle campagne vivrà anche senza le metropoli con tutte le loro tentazioni, anzi vivrà una vita più pura”.
In verità, chi conosceva da vicino padre Vsevolod, come lo scrivente, non aveva l’impressione di un cupo oscurantista, nostalgico della civiltà medievale. Egli era uomo bonario e gioviale, capace di sedersi a conversare e dividere la tavola anche col peggior “nemico”, colto e acuto nelle sue osservazioni. Era anche capace di aiutare chiunque avesse bisogno, a livello spirituale e materiale. Un altro grande pubblicista della Russia odierna, il diacono Andrej Kuraev, affermava che Chaplin era riuscito a costruire un modello di “ortodossia atomica”, sulla base di una “teologia della morte e dell’odio” che affascinava coloro in cerca di una identità forte nella disgregazione del mondo contemporaneo, di cui molti sentono oggi la necessità.
La sua scomparsa lascia in qualche modo un vuoto nella comunità ortodossa russa, che non si sa chi vorrà occupare, soprattutto chi saprà coniugare la più esplicita intolleranza con la capacità di stringere rapporti a tutto campo, di provocare reazioni e approfittarne per inaugurare nuove vie diplomatiche, augurare la rottura (anche con le altre Chiese ortodosse) e negoziare nuove possibilità di incontro. Molti suoi fedeli lo piangono alla chiesa dove celebrava gli ultimi anni, e la Russia sembra oggi meno capace di spiegare sé stessa, senza le profezie tremende e affascinanti di Vsevolod Chaplin.