Mons. Yaldo: Chiesa e governo per il ritorno dei cristiani in Iraq
Cittadinanza, la situazione nella piana di Ninive e i cristiani colpiti dalle esplosioni in Libano al centro dell’incontro fra il Primo Ministro e il patriarca caldeo. Per il vescovo ausiliare di Baghdad le priorità sono la ricostruzione delle case e il lavoro. Ascoltare la voce dei giovani in piazza a manifestare. L’affetto di Al-Kazemi per papa Francesco.
Baghdad (AsiaNews) - Il ritorno dei cristiani in Iraq, un aiuto per il rimpatrio di quanti sono emigrati in Libano e anch’essi colpiti dal tragico incidente del 4 agosto, la cittadinanza come base comune della convivenza, l’emergenza di nuovo coronavirus. Sono queste le priorità emerse nel recente incontro fra il patriarca caldeo, il card Louis Raphael Sako, e il Primo Ministro Mustafa Al-Kazemi, come racconta ad AsiaNews mons. Basilio Yaldo, ausiliare di Baghdad e stretto collaboratore del porporato. “Un incontro bello e cordiale - conferma il prelato - con una persona che conosciamo da molto, fin dai tempi in cui era a capo dei servizi segreti e che ci ha già ricevuto in più di una occasione”.
“Dopo averci salutato - racconta mons. Yaldo - il premier ha espresso grande soddisfazione per questo incontro che è fonte di coraggio e di sostegno, perché proviene dal capo della Chiesa cattolica, ed è un incentivo a continuare il lavoro”. Il Primo Ministro “ha chiesto di portare il suo saluto a papa Francesco e, parlando del pontefice, ne ha esaltato la semplicità, l’umiltà e il carisma… egli nutre un grande affetto per il Papa”.
Approfondendo i dettagli dell’incontro fra il card Sako e il premier Al-Kazemi, l’ausiliare di Baghdad sottolinea che “abbiamo parlato del ritorno dei cristiani caldei dal Libano e di tutti gli irakeni in generali”. Anch’essi, come tutta la popolazione, sono stati colpiti dalla doppia esplosione che ha sventrato parte della capitale ed è compito delle autorità irakene “aiutare quanti lo vogliono a rientrare nella loro patria. Anche noi come Chiesa, assieme al governo, vogliamo contribuire e favorire il ritorno, un’urgenza ancora maggiore dopo questo disastro”.
Insieme agli irakeni della diaspora, il pensiero e le preoccupazioni dei vertici caldei vanno “ai cristiani in Iraq: per mantenere viva la comunità e la nostra fede - spiega il prelato - è necessario garantire risposte in termini di ricostruzione delle case e di occupazione, soprattutto per i giovani. In molti hanno finito gli studi, ma sono senza lavoro. Il governo deve fare di più per loro, al premier e ai suoi collaboratori abbiamo detto che la voce dei manifestanti che protestano va ascoltata”.
Dal primo ottobre la nazione è teatro di un vasto movimento contro governo e autorità. Le manifestazioni, represse con la forza dalla polizia, hanno portato alle dimissioni del premier Adel Abdul Mahdi, ma i dimostranti - senza distinzioni etniche, confessionali, religiose - mirano alla caduta dell’intera classe politica. La stretta si è rafforzata a fine novembre, in seguito al doppio assalto al consolato iraniano a Najaf, e ha causato un totale di oltre 450 morti e 20mila feriti.
Proteste, economia, disoccupazione, emergenza coronavirus “che rappresenta la sfida più importante oggi per il Paese” come conferma lo stesso mons. Yaldo, sono ancora molti i nodi irrisolti. “In tema di economia - spiega il prelato - è fondamentale garantire spazio agli imprenditori e agli uomini di affari irakeni che hanno fatto fortuna all’estero. Bisogna incentivarli ad investire nel loro Paese, tornare e contribuire al suo sviluppo e alla sua ricchezza… per questo abbiamo detto al governo di lanciare appelli alle persone della diaspora e investire sul loro rientro”.
Il patriarca Sako e il Primo Ministro hanno infine affrontato la questione dei cristiani della piana di Ninive, fuggiti nell’estate 2014 in seguito all’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis) e dei progetti necessari per garantire un loro ritorno in sicurezza. “Con questo governo - racconta mons. Yaldo - abbiamo una speranza in più, perché vi è prova di buona volontà pur in un contesto che rimane difficile. Egli ha detto che intende fare da paciere e promuovere progetti di convivenza in sicurezza anche nelle aree più controverse”. Per far questo, conclude, è necessario “rilanciare la cittadinanza come base per una comune convivenza. Un tema che sta a cuore al patriarca caldeo e anche il premier ha detto di volerlo sostenere, perché siamo tutti irakeni. Come simbolo di unità abbiamo proposto di suonare l’inno nazionale in ogni evento, convegno o iniziativa a livello statale”.
18/10/2018 10:08