Mons. Sako: a Kirkuk la gente voterà, ma non ha letto la Costituzione
Kirkuk (AsiaNews) La gente di Kirkuk supererà la paura e si recherà alle urne sabato prossimo, ma nella completa ignoranza di cosa sarà la Costituzione. A parlare è il vescovo dei caldei di Kirkuk, mons. Louis Sako, che in un intervista ad AsiaNews racconta la vigilia del referendum sulla Costituzione tra dubbi e speranza.
A Kirkuk, la ricca città petrolifera pomo della discordia tra curdi, sciiti e sunniti, la popolazione subisce "continue minacce da parte della guerriglia per non andare a votare: "Tutti sono spaventati, ma sono convinto che l'affluenza alle urne sarà buona". Mons. Sako racconta che dall'inizio della settimana in città sono arrivati molti soldati americani. "Prima non se ne vedevano per niente, adesso invece girano numerosi per le strade, sono loro che garantiranno la sicurezza sabato; la gente sembra rassicurata, supererà i timori e andrà a votare. Io ci andrò di certo e anche i miei fedeli".
Anche il recente accordo con i sunniti sulla Costituzione è motivo di speranza secondo il vescovo: "Il Partito islamico (il principale tra quelli sunniti che ha invitato a votare Si) ha molti aderenti; è un fatto positivo, incoraggerà la popolazione a rimanere unita e a esprimersi nei seggi sabato prossimo". Secondo mons. Sako, l'intesa con i sunniti "contribuirà a indebolire il terrorismo - togliendogli una giustificazione - e spingerà l'Iraq verso il meglio, anche se molti altri sunniti continuano ad essere contrari e invitano al boicottaggio del referendum".
Proprio ieri sera il parlamento ha approvato - senza votazione - alcune modifiche e integrazioni al disegno di Costituzione, miranti a favorire un voto positivo dei sunniti nel referendum del 15 ottobre.
"Purtroppo - lamenta il presule - a Kirkuk non sono arrivati gli annunciati testi della Costituzione: la gente ha potuto farsi un'idea della Carta solo leggendo i giornali". Il vescovo racconta di aver sentito che forse i testi distribuiti dal governo arriveranno tra oggi e domani, "ma sarebbe comunque troppo tardi". Si andrà quindi a votare, ma "con tanta ignoranza, anche se il gesto è già di per sé molto importante": "Sarà il segno che la gente ha voglia di tornare a sognare un futuro per l'Iraq".
Nonostante le difficoltà, mons. Sako ritiene che "c'è una speranza per tutti nel Paese". "Questa situazione non durerà per sempre, avrà un limite. La cosa positiva è che il processo politico iniziato dopo la caduta di Saddam, ha abituato la gente al dialogo e al confronto, e ora ne abbiamo tutti abbastanza del terrorismo".
Il vescovo conclude con un invito ai cristiani in Iraq a "rimanere uniti per riuscire in futuro a rendersi validi e veri interlocutori del governo e a farsi ponte per il dialogo e la pace".
05/10/2005