Mons. Martinelli: suore di Aden, il seme di Madre Teresa che resta in terra d'Arabia
In una riflessione inviata ad AsiaNews in occasione dei 25 anni dalla morte della fondatrice delle Missionarie della Carità, mons. Martinelli ricorda le religiose uccise ad Aden nel 2016 da un commando jihadista. Con la loro vita, e la loro morte, hanno testimoniato “l’amore e la presenza di Cristo”. Ancora oggi lo Yemen è segnato da “guerra e sofferenze, soprattutto per i bambini”. Le suore “sono rimaste” per continuare l’opera a favore di “poveri, disabili”.
Abu Dhabi (AsiaNews) - La “dedizione” delle Missionarie della carità in terra d’Arabia ha “radice” nel carisma di Madre Teresa, fino al sacrificio estremo delle suore di Aden che “attraverso la loro vita, fino alla morte” hanno testimoniato “l’amore, la presenza di Cristo che continua a donare la vita per tutti”. In questa riflessione, inviata ad AsiaNews in occasione dei 25 anni dalla morte di Madra Teresa, mons. Paolo Martinelli ricorda la tragedia che ha colpito le religiose in Yemen il 4 marzo 2016, quando la loro casa per anziani e bisognosi è stata attaccata da un gruppo jihadista. Nell’assalto sono state uccise “per motivi di fede” quattro religiose (suor Anselma, suor Judith, suor Margarita e suor Reginette) e altre 12 persone, oltre al sequestro del salesiano indiano p. Tom Uzhunnalil poi liberato dopo oltre un anno di prigionia grazie alla mediazione dell’Oman.
Per il presule, da pochi mesi vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen) in sostituzione di mons. Paul Hinder che resta amministratore apostolico del Nord Arabia, la presenza ancora oggi dei cristiani e delle suore in Yemen è “un segno umile di speranza”. “Sono rimaste - spiega - per continuare la missione di aiuto ai più deboli, alle persone disabili” secondo il carisma di Madre Teresa che resta sempre fonte di “ispirazione” per la missione.
Di seguito, la riflessione di mons. Martinelli:
A mio avviso il valore della testimonianza delle suore di Aden cresce nel tempo anche se in modo silenzioso. Si tratta di una vera e propria “testimonianza”. Bisogna sempre comprendere bene questa parola: non si tratta solo di un “buon esempio” o di una “coerenza” con una idea. Al centro non vi è la persona stessa del testimone, ma Colui per il quale si vive e si dona la vita. Benedetto XVI diceva che “diveniamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e si comunica”. Ecco, la testimonianza delle suore di Aden attraverso tutta la loro vita, fino alla morte, ci comunica l’amore, la presenza di Cristo che continua a donare la vita per tutti. Attraverso la loro testimonianza appare il volto amoroso di Gesù.
Il segreto mi sembra che stia nella espressione “essere mandati”: le suore di Madre Teresa si chiamano “missionarie” della carità. Essere missionari vuol dire essere inviati; non si tratta di un impegno volontaristico, ma di sapersi scelti e inviati da Gesù verso i più poveri. Si vive la propria missione non perché ha successo ma perché si è inviati e, in questo senso, si è liberi dall’esito. Si tratta di una presenza priva di ogni intenzione di proselitismo, ma desiderosa di servire chiunque sia nel bisogno secondo una prospettiva di chiara apertura interreligiosa. Il loro servizio è aperto a tutti. Perciò il frutto del loro sacrificio è assicurato nel mistero dell’amore di Dio.
La testimonianza di queste suore alimenta nel profondo la vita della Chiesa, anche per questo nel vicariato dell’Arabia del sud vengono ricordate spesso. Anche personalmente mantengo un vivo ricordo del loro sacrificio e le rammento spesso nella mia preghiera. La loro testimonianza è indelebile e sicuramente porterà frutti di pace per tutti, mentre la memoria del loro sacrificio ci spinge a vivere con gioia ed impegno la nostra fede ogni giorno.
La situazione dello Yemen rimane oggi ancora segnata dalla guerra che dura ormai da molti anni e anche noi disponiamo di poche notizie. Un conflitto che ha procurato la sofferenza di tante persone, soprattutto di tanti bambini. La presenza dei cristiani, ed in particolare la presenza delle suore Missionarie della Carità, è un segno umile di speranza. Nonostante tutto quanto è accaduto, le suore sono rimaste per continuare la loro missione di carità, di aiuto ai più deboli, alle persone disabili. Questo è un segno umile e forte di speranza; la loro presenza testimonia che si può sempre ricominciare, che non vi è circostanza della vita in cui non si possa amare.
Infine, dobbiamo sottolineare l’origine, il carisma dal quale trae origine la loro missione: Madre Teresa di Calcutta, che oggi veneriamo come santa e che è una figura spettacolare nella vita della Chiesa. La sua semplicità e la sua dedizione senza calcolo sono disarmanti. Nella sua vita si percepisce la gratuità dell’amore, la dedizione senza calcolo e senza tornaconto. Io stesso ho avuto occasione di conoscerla all’inizio del mio ministero sacerdotale quando spesso andavo a celebrare la santa Messa dalle suore missionarie della Carità a Baggio (periferia di Milano), dove tuttora hanno una presenza significativa al servizio dei più poveri. Madre Teresa era in visita presso questa comunità e mi ricordo la sua umile determinazione nel servire i poveri per amore di Cristo. Voleva che tutto nella casa delle sue suore fosse espressione dell’amore di Cristo per i poveri. Mi ha sempre colpito il legame profondo che tutte le sorelle vivono tra l’Eucaristia e la carità verso tutti. La dedizione delle missionarie della carità in Arabia ha la radice in questo carisma che lo Spirito ha dato a Madre Teresa e che lei ha saputo trasmettere alle sorelle.
* Vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen)