Mons. Fernandez: "La violenza non fermerà la testimonianza cristiana"
Mumbai (AsiaNews) - "C'è una senso di tristezza generale, ma i missionari non si fermeranno né si lasceranno intimidire". Con queste parole mons. Percival Fernandez, segretario generale della Conferenza episcopale dell'India, ha commentato ad AsiaNews l'attacco ad alcune suore di Madre Teresa avvenuto sabato scorso in un villaggio del Kerala. "Queste aggressioni contro i cristiani sono opera dei gruppi fondamentalisti indù, il popolo indiano non agisce in questo modo: è di natura tollerante e cordiale. Queste violenze non fanno paura ai nostri missionari, anzi essi si sentono rinnovati nella sofferenza e la offrono a Gesù" ha detto il vescovo.
Mons. Fernandez definisce "vergognosa" la violenza contro le suore delle Missionarie della Carità, accusate dagli indù locali di "convertire al cristianesimo" i dalit (l'ultima casta in India) del villaggio. "Le missionarie di madre Teresa non mirano a fare conversioni, il loro unico obiettivo è portare cibo e aiuti alle famiglie più povere, alle quali si avvicinano con rispetto e amore anche se sono indù" ha spiegato il vescovo. "Sono sicuro che se un giorno i loro aggressori avessero bisogno, le suore farebbero di tutto per aiutarli".
I cristiani in India sono da molto tempo oggetto di attacchi dei fondamentalisti indù. La violenza contro le suore di madre Teresa è l'ultimo di una serie di gravi episodi avvenuti nell'ultimo mese. Il 22 agosto padre John Sunderam, parroco a Kubbu, distretto di Lohardaga nello Jharkhand (India dell'est) è stato aggredito e ridotto in coma da uomini armati mentre si trovava negli edifici parrocchiali. Anche un altro sacerdote, p. Albinio Tirkey, è stato ferito.
Il 26 agosto un gruppo di 300 fondamentalisti indù ha attaccato la parrocchia di Nostra Signora della Carità a Raikia, nel distretto di Kandhamal, in Orissa (nordest dell'India). Gli aggressori sono entrati in chiesa e hanno bruciato bibbie, distrutto il tabernacolo e statue di santi. La polizia era presente sul posto ma non è intervenuta. Le violenze hanno causato 6 feriti.
Il 28 agosto è avvenuto il fatto più grave: padre Job Chittilappilly è stato ucciso nella sua parrocchia di Nostra Signora delle Grazie, nella città di Thuruthiparambu, nel Kerala. Il sacerdote è stato ucciso mentre stava recitando il rosario in casa sua. Le circostanze dell'omicidio nessun segno di rapina e recenti telefonate intimidatorie ricevute dal prete per la sua attività pastorale tra famiglie indù fanno pensare a un assassinio premeditato. La polizia non ha ancora trovato i responsabili.
Secondo mons. Fernandez la risposta della Chiesa a questi attacchi "sarà continuare ad essere testimone vivente di Gesù, che nel Vangelo insegna l'amore il perdono anche dei nemici".
I cristiani dell'India hanno chiesto più volte maggiore attenzione sulla loro sicurezza nel Paese: "Vogliamo che la situazione delle minoranze religiose venga messa all'ordine del giorno dell'agenda politica nazionale" ha affermato John Dayal, vicepresidente dell'All India Catholic Union. Il governo ha più volte promesso di prendere provvedimenti su questo argomento. In un recente incontro con il cardinale Telesphore Toppo, presidente della Conferenza episcopale indiana, il primo ministro Manmohan Singh aveva dichiarato: "Sotto il mio governo gli episodi di violenza contro i cristiani saranno un ricordo del passato". In India la situazione della sicurezza è sotto il controllo di ciascuno stato e delle province, dove spesso forze dell'ordine e amministrazioni coprono i responsabili delle violenze. Questo avviene in modo particolare in quegli Stati dove è al potere il partito Bharatiya Janata Party (BJP), sostenitore dell'ideologia indù. (NC)