Mongolia: le "24 ore per il Signore" pregando per la missione, uniti al Papa
Arvaikheer (AsiaNews) - La missione "ha molto bisogno di preghiera, perché nella preghiera scopriamo la dimensione della supplica e dell'intercessione. Chiediamo al Signore che apra i cuori di tutti, a cominciare dai nostri, e ci converta a Lui". Lo dice ad AsiaNews p. Giorgio Marengo, missionario della Consolata che dal 2003 vive in Mongolia e dal 2006 ad Arvaikheer: la zona è a 400 chilometri dalla capitale UlaanBaatar, e di fatto rappresenta un avamposto della missione cattolica in Mongolia.
Nata poco più di 20 anni fa, anche la piccola comunità cattolica della Mongolia - appena mille fedeli in totale - si unirà dunque alle "24 ore per il Signore" proclamate da papa Francesco nel Messaggio per la Quaresima 2015. Si tratta di un'iniziativa affidata al Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, che cerca di unire tutte le diocesi del mondo in una giornata di adorazione eucaristica e di penitenza attraverso il sacramento della riconciliazione. Il tema di quest'anno è "Dio ricco di misericordia".
Nel rispetto di una missione difficile da tanti punti di vista, ma altrettanto stimolante, la chiesa di p. Giorgio è una ger, una tenda della tradizione nomadica della Mongolia. Qui il suo "piccolo gregge" si riunirà, in comunione con la Chiesa universale, per rispondere all'appello del Papa e dimostrare come la preghiera sia "l'arma dei cristiani contro i mali del mondo".
In Mongolia, continua p. Giorgio, "la preghiera è fondamentale. Nel nostro caso pregheremo in modo particolare per la missione, dato che ancora non vi è la possibilità di contare su una Chiesa locale [il primo diacono mongoli, Enkh-Baatar, è stato ordinato in Corea del Sud lo scorso 10 dicembre 2014]. Ma siamo fiduciosi, perché la missione è di Dio: è Lui che tocca i cuori, e quindi abbiamo un bisogno estremo di rimanere uniti al Signore, di adorarlo e di supplicarlo".
19/02/2016 13:15
26/02/2021 09:02