Missionario Pime: Lebbrosi indù e musulmani gli autori del presepe a Swarga Dwar
Roma (AsiaNews) – Sono rimasto “sorpreso quando ho letto che in Italia, in un paese della Lombardia, non si voleva allestire il presepio in una scuola, per non offendere i non cristiani. I nostri ragazzi in Swarga Dwar, quasi tutti non cristiani, fanno a gara per allestire il presepio secondo la loro fantasia”. Lo dice ad AsiaNews p. Carlo Torriani, sacerdote missionario del Pime che per oltre 40 anni ha lavorato in India al servizio dei malati di lebbra. Egli condivide una riflessione sul significato del Natale per i lebbrosi del centro Swarga Dwar, da lui fondato, e sulla convivenza quotidiana di persone appartenenti a fedi differenti.
Nel 1984 p. Torriani ha fondato un dispensario per i lebbrosi a Taloja, a pochi chilometri da Mumbai, dove vengono accolti i malati e i loro figli, spesso respinti dalle scuole pubbliche per paura del contagio. Insieme al dispensario vi un ashram, un luogo di ritiro e meditazione secondo la tradizione indiana. È stato chiamato Swarga Dwar, cioè “Porta del cielo”, ed è qui che i figli dei lebbrosi “aspettano con ansia il Natale”.
Natale è la festa più attesa e più sentita in Swarga Dwar
Swarga Dwar è un ashram per la riabilitazione agricola di lebbrosi guariti ma deformi. C’è anche una casa per i figli dei lebbrosi per facilitare la loro frequenza alla scuola pubblica ed assicurare loro un futuro migliore di quello dei loro genitori. Sono specialmente questa quarantina di ragazzi che aspettano il Natale.
In India il Natale è una festa nazionale. Lo Stato riconosce le feste di tutte le religioni presenti in India. Così diventano “Holidays of Obbligation”, cioè feste infra-settimanali, le principali feste indù, buddiste, jain, parsi e due cristiane: la nascita e la morte di Gesù, Natale e Venerdì Santo, oltre naturalmente il Capodanno.
A Swarga Dwar questa convivenza fra le religioni è facilitata dal fatto che oltre ad una cappella cattolica abbiamo anche un posto di preghiera dove ci sono i simboli delle dodici religioni più diffuse. Ogni giorno, al mattino celebriamo la santa Messa nella cappella cattolica; alla sera, mezz’ora prima di cena ci troviamo nell’altra cappella, diciamo così, ecumenica. Cantiamo bhajans (canti litanici) per 20 minuti, poi leggiamo un passo da una delle sacre scritture (Bibbia, Corano, Ghita, Dhammapada, Granth Sahib); poi recitiamo una breve preghiera tratta da una di queste tradizioni religiose e terminiamo chiedendoci in canto: “Che faremo Signore in memoria di te?”. Tutti rispondono: “Condivideremo il nostro cibo, il nostro tempo e la nostra vita, finché tu verrai a condividere la tua gloria”.
In questa atmosfera pluralistica (in India si dice “secular”) è naturale che tutti celebrino il Natale. Sono rimasto sorpreso, qualche settimana fa, quando ho letto che in Italia, in un paese della Lombardia, non si voleva allestire il presepio in una scuola, per non offendere i non cristiani. I nostri ragazzi in Swarga Dwar, quasi tutti non cristiani, fanno a gara per allestire il presepio secondo la loro fantasia. Un anno hanno messo la grotta con Giuseppe, Maria e Gesù, le statuine che noi abbiamo dato loro. Poi sono andati a cercare, non so dove, statuine delle divinità indiane – Krishna, Shiva, Vishnu, Ganesh, Sarasvati – e le hanno messe in fronte alla grotta come noi mettiamo i tre Magi all’Epifania. Quando ho chiesto loro perché hanno messo queste statuine indù, mi hanno detto: “Oggi è il birthday (il giorno natale) del Bhagavan Gesù e tutti gli altri dei sono venuti a fargli gli auguri”.
Nel mio cuore ho fatto una preghiera: “Gesù pensaci tu! Ora che sei entrato nel loro cuore fa loro capire la differenza. Tu sei l’unico che è morto per tutti gli uomini”. Da parte mia mi son detto: “Se voglio che rispettino ed amino Gesù e la mia religione devo incominciare a rispettare la loro”.
All’inizio dell’Avvento, sempre nella cappella della sera, leggiamo brevemente gli inizi dei quattro Vangeli in modo di arrivare a Natale con la nascita di Gesù secondo Luca. Poi proseguiamo leggendo uno dei Vangeli fino ad arrivare alla Settimana Santa con la passione e la morte di Gesù. È allora che dico loro: “Quel Gesù nato a Betlemme è morto in croce per tutti noi. Che cosa possiamo fare noi per lui?”.
*Missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere
30/01/2016 13:07
20/11/2018 13:01