Minsk batte cassa a Mosca
È crisi economica in Bielorussia, colpita dalle sanzioni occidentali per il suo sostegno all’invasione russa dell’Ucraina. Nel primo semestre del 2022 il Pil bielorusso è calato del 6%. Gli aiuti economici del Cremlino sono ritenuti insufficienti. Esperto bielorusso: siamo tornati indietro di 10 anni.
Mosca (AsiaNews) – Da inizio anno la Bielorussia ha perso oltre 50mila posti di lavoro. A luglio il numero dei lavoratori attivi è sceso a poco più di 4 milioni di persone, il minimo storico per il Paese, anche a causa della forte migrazione di chi non vuole vivere in condizioni di guerra dietro le porte, e della pensione anticipata chiesta da molti altri. Sono i dati diffusi da Satio, centro specializzato nella programmazione economica.
Nel primo semestre del 2022 il Pil bielorusso è calato del 6%, e si prevede di toccare il -10% entro fine anno, mai così male negli ultimi 25 anni. La causa principale della decrescita sono le sanzioni occidentali, di cui la prima ondata è arrivata dopo le repressioni delle proteste di piazza del 2020 contro le falsificazioni che hanno portato alla rielezione del presidente Lukasenko; si sono aggiunte quelle per la guerra russa in Ucraina, appoggiata attivamente da Minsk, che ha concesso ai russi una linea di invasione tramite il proprio territorio.
La Ue ha quindi posto l’embargo alle forniture di petrolio bielorusso, ai prodotti della raffinazione, al metallo e alla produzione agricola. Le esportazioni verso l’Europa si sono ridotte di oltre la metà, mentre prima costituivano il 24%, rispetto al 41% del commercio verso la Russia. Il vice premier Petr Parkhomcik ha dichiarato che l’export verso la Russia è aumentato in questo periodo di 1,3 volte, ma a causa delle sanzioni sono bloccati prodotti per 16-18 miliardi di dollari, un terzo delle esportazioni dello scorso anno.
Gli aumenti dei prezzi, e la riduzione dei salari effettivi, stanno portando a un forte impoverimento della popolazione. Secondo Satio, per oltre metà dei Bielorussia i risparmi bastano al massimo per un mese, in caso di perdita degli introiti, e anche i lavori più miseri sono conservati con grande timore di perdere tutto. Il sussidio di disoccupazione in Bielorussia si aggira intorno ai 10 dollari mensili.
Le economie di Russia e Bielorussia soffrono in modo diverso, in quanto Mosca parte da una base decisamente più elevata rispetto a Minsk. L’economista Lev Lvovskij, collaboratore del centro analitico Beroc, ritiene che la politica delle sanzioni faccia soffrire i bielorussi molto di più dei “fratelli maggiori”. A suo parere “solo in apparenza le sanzioni contro la Bielorussia sono meno severe, perché la nostra economia è più ridotta nelle dimensioni, ma molto più aperta di quella russa”. Lvovskij fa notare che la Bielorussia non ha un grande mercato interno: “Per noi è fondamentale rimanere legati alle cordate internazionali; inoltre subiamo le sanzioni da un anno prima di quelle comminate alla Russia, con effetto cumulativo, e Mosca continua ancora ad esportare gas e petrolio”.
Una voce importante era la vendita del potassio, che veniva trasportato attraverso il porto lituano di Klajpeda, ma ora la Lituania ha rifiutato ai bielorussi il transito sul proprio territorio; ora è fatto passare in parte dalla Cina con lunghi trasporti ferroviari. Si è del tutto annullato il commercio con l’Ucraina, che era uno dei principali partner commerciali di Minsk anche dopo il 2014, quando la Russia aveva bloccato invece i rapporti con Kiev.
Tutte le speranze di Lukasenko di non sprofondare in una crisi irreversibile sono dunque riposte nella generosità di Mosca, partner dello “Stato Unitario” in via di definizione da oltre un ventennio, a cui lo stesso “batka” (padre della patria) bielorusso ha tentato a più riprese di sottrarsi. La Russia ha concesso di recente un finanziamento di oltre un miliardo di dollari per sostenere le esportazioni dalla Bielorussia, e compensare parzialmente le perdite verso Europa e Ucraina.
Le visite reciproche dei leader e alti funzionari dei due Paesi sono sempre più frequenti, e quasi tutte riguardano le condizioni dei crediti di Mosca verso Minsk, che continua a ritenerli comunque insufficienti. Secondo Lvovskij “siamo già tornati indietro di 10 anni, e tutti cercano di prepararsi a tempi ancora più duri”.
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