Ministro della Cultura indiano: Non si può “induizzare” il Taj Mahal
Mumbai (AsiaNews/Agenzie) – Il Taj Mahal non è mai stato un tempio indù. Lo ha chiarito in modo definitivo Mahesh Sharma, ministro della Cultura indiano, rispondendo ad una petizione rivolta alla corte l’anno scorso da un gruppo di avvocati indù, che chiedevano anche il permesso di disporre del luogo di culto per i riti della loro religione.
Il ministro ha rigettato così la richiesta di “induizzazione” del Taj Mahal, affermando che non ci sono indizi sufficienti per affermare che il mausoleo – costruito nel XVII sec. dall’imperatore moghul Shah Jahan, musulmano – sia da elencare tra i luoghi di culto indù e possa essere utilizzato come tale. La petizione rivolta alla corte da sei avvocati di Agra, città dove sorge il monumento, affermava invece che ci sono “prove sostanziali” che il Taj Mahal fosse in principio un tempio dedicato al dio indù Shiva.
Il monumento è stato completato nel 1653 come mausoleo per la terza moglie dell’imperatore, morta dando alla luce il suo quattordicesimo figlio. È composto da una grande cupola di marmo e circondato da diversi minareti. Dal 1983 è patrimonio dell’Unesco.
La richiesta di “induizzare” un monumento musulmano si inserisce in una polemica iniziata dal gruppo paramilitare ultranazionalista indù Rashtriya Swyamsevak Sangh (Rss), che da mesi chiede al governo centrale dell’India di riformulare la politica nazionale sulle popolazioni per contenere e contrastare l’aumento dei fedeli cristiani e musulmani, che creerebbe uno “squilibrio demografico”. A fine agosto, infatti, il Registrar General of India ha pubblicato i dati sul censimento delle religioni del 2011, in cui si rileva per la prima volta un incremento della comunità musulmana superiore a quello dei fedeli indù.