Minacce di morte agli studenti di Hong Kong. La guerra di Pechino
Tre studenti universitari hanno denunciato le minacce durante una conferenza stampa. Oltre 500 camionette della polizia cinese radunate a Shenzhen. Campagna di disinformazione sui giornali cinesi.
Hong Kong (AsiaNews) - Tre studenti universitari, fra i leader del movimento anti-estradizione, hanno dichiarato oggi di aver ricevuto minacce di morte e altri messaggi violenti per loro e le loro famiglie se non smettono di creare “caos ad Hong Kong”.
Pang Ka-ho della Hong Kong University, Zoey Leung della Baptist University, Kex Leung della Education University (foto 1) hanno tenuto una conferenza stampa raccontando di messaggi sui social, telefonate anonime, visite a casa di sconosciuti, volantini con le loro foto e con minacce.
I giovani, che hanno denunciato questi fatti alla polizia, hanno espresso preoccupazione, ma hanno anche affermato che non possono “chinare la testa davanti al terrore e a queste minacce anonime” e che continuando il movimento, “succederà a sempre più persone e non solo a noi”.
Non pochi giovani vedono in questo episodio un altro dei tentativi di Pechino di bloccare il movimento anti-estradizione, che dalle oceaniche manifestazioni di giugno, è divenuto ormai anche un movimento che domanda la piena democrazia e il suffragio universale per la popolazione di Hong Kong.
All’inizio delle manifestazioni, la Cina è rimasta silenziosa. Quando le manifestazioni hanno cominciato a criticare la violenza della polizia e gli scontri con le forze dell’ordine sono divenuti più frequenti, Pechino ha innalzato le critiche contro i giovani. In due conferenze stampa dell’Ufficio di collegamento con Hong Kong e Macao, il 29 luglio e il 6 agosto, li ha accusati di “distruggere il principio ‘Un Paese, due sistemi’”, di far annegare Hong Kong “nel caos”, di essere al soldo di “mani nere (potenze straniere)”, di essere “terroristi”, fino a minacciare un intervento militare.
Quasi a conferma di questa possibilità, nei giorni scorsi sono stati diffusi foto e video di un ammasso di truppe della polizia cinese a Shenzhen (foto 2 e 3). Ufficialmente, le 500 e più camionette sono là per esercitazioni militari programmate da tempo, ma di fatto il raduno è cominciato proprio quando le autorità di Pechino hanno denunciato “segni di terrorismo” fra i manifestanti di Hong Kong.
Fra la popolazione della Cina popolare, pochi riescono a comprendere cosa vogliano i giovani di Hong Kong. Una campagna mediatica mostra gli studenti come dei teppisti, sprezzanti della madrepatria, offensivi della bandiera cinese, manipolati dagli Stati Uniti e da Taiwan.
Un esempio di disinformazione è avvenuto nei giorni scorsi: il ferimento della donna, che rischia la perdita di un occhio, è stato attribuito non alla polizia, ma ai manifestanti anti-estradizione.
Ancora: un giornalista del “Global Times” – vicino al “Quotidiano del popolo” – ha scatenato una rissa all’aeroporto di Hong Kong con alcuni dimostranti lo scorso 12 agosto. In Cina è considerato un “eroe” che difende il principio “Un Paese, due sistemi”, una vittima della “libertà di stampa”. L’uomo però, il cui nome sarebbe Fu Guohao, si era messo a discutere con i giovani e non aveva voluto presentare la sua tessera di giornalista, facendo sorgere il dubbio che egli fosse un provocatore e un poliziotto cinese infiltratosi fra i dimostranti. Diverse testimonianze provano infatti che fra i giovani vengono a trovarsi persone che parlano mandarino (il cinese del continente), che rifiutano di mostrare i loro documenti, sempre presenti negli scontri più violenti.
Intanto, gli organizzatori stanno preparando un raduno per questa sera e un altro a livello cittadino per il 18 agosto. La polizia non ha però ancora dato il permesso di compiere alcuna marcia.