Migliaia di studenti in marcia verso Yangon, contro la riforma dell'istruzione
Yangon (AsiaNews) - Continua la marcia di protesta di alcuni gruppi liceali e universitari birmani, scesi in piazza per chiedere modifiche alla controversa Legge di riforma del settore dell'istruzione, che viola le libertà accademica e non rispetta i diritti di tutti i cittadini. A lungo i leader studenteschi hanno atteso - invano - di essere convocati dal governo per discutere i punti critici della norma; trascorsi senza esito i due mesi di moratoria, gli studenti hanno lanciato una nuova campagna di protesta che, partita da diverse città del Myanmar, si concluderà a fine mese a Yangon con una imponente manifestazione di piazza.
Migliaia i giovani che hanno aderito alla marcia, dopo una prima serie di proteste nel novembre scorso che non hanno sortito effetti. Governo e Parlamento si sono rimbalzati lo studio e l'approvazione della riforma dell'istruzione - recependo alcune indicazioni del presidente birmano Thein Sein - senza però consultare i diretti interessati, gli studenti. Fra i punti al centro della controversia, la possibilità (finora negata) di utilizzare lingue e dialetti negli Stati in cui vivono le minoranze etniche, unita alla possibilità di formare sindacati studenteschi.
Ko Ye Yint Kyaw, portavoce della All Burma Federation of Student Unions (Abfsu), riferisce che dal fronte governativo non è arrivata nessuna apertura in merito a discussioni sulla riforma; per questo da Monywa, Mandalay, Mawlamyaing i giovani hanno deciso di mettersi in marcia e raggiungere Yangon, dove si terrà una imponente manifestazione.
I rappresentanti degli studenti hanno elaborato una lista di 11 punti chiave, da attuare per una vera riforma dell'istruzione in chiave plurale e democratica. Fra questi rivestono particolare importanza la presenza di studenti e insegnanti all'interno del processo di riforma del sistema educativo; il riconoscimento di associazioni studentesche indipendenti e la possibilità per gli insegnanti di dar vita a un sindacato proprio; autodeterminazione e autogestione nei singoli Stati in tema di istruzione; assicurare libertà di insegnamento, di pensiero e inserire le lingue locali e i dialetti nel curriculum scolastico; infine, dedicare almeno il 20% del budget nazionale per il settore dell'istruzione e alzare l'età dello studio obbligatorio (e garantito a tutti) almeno fino alla scuola media.
A fianco degli studenti si sono schierate anche decine di organizzazioni e di personalità del mondo della cultura e della società civile, che sostengono "con forza" la battaglia dei giovani per una vera riforma nel settore dell'istruzione. Gli 11 punti elaborati dagli universitari birmani sono "fondamentali" per garantire un futuro "democratico" alle scuole del Paese. Anche la leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi lancia un appello agli studenti, perché siano pronti al "dialogo" con il governo per raggiungere un compromesso finale sulla legge, che "deve essere approvata il prima possibile".
Dal 2011 - fine della dittatura militare, formazione di un governo semi-civile, nomina di un presidente (Thein Sein, ex generale della giunta) - il Myanmar è impegnato in una serie di riforme politiche e istituzionali in chiave democratica. Tuttavia, questo processo di cambiamento - che ha portato anche alla parziale cancellazione delle sanzioni occidentali - ha subito un brusco rallentamento e ancora oggi la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi non può concorrere alla carica di presidente.
Un tempo il sistema educativo del Myanmar era considerato fra i migliori di tutta l'Asia; tuttavia, decenni di dittatura militare e lo stretto controllo su licei e università hanno determinato una involuzione che pesa ancora oggi sulla qualità e sulla libertà dell'insegnamento. E la minaccia, lanciata dagli studenti, di estendere a tutta la nazione le proteste non può che allarmare le autorità birmane: sono stati proprio gli studenti, nel 1988, a promuovere le prime proteste pro democrazia, represse poi nel sangue dall'esercito.