Migliaia di manifestanti bloccano Bangkok. Iniziata la “resa dei conti finale” col governo
Bangkok (AsiaNews/Agenzie) - Migliaia di manifestanti antigovernativi hanno bloccato questa mattina le principali vie di Bangkok, con l'obiettivo di paralizzare la capitale nel tentativo di costringere il governo alle dimissioni e rimandare le elezioni politiche del prossimo 2 febbraio. Dopo settimane di tensione, manifestazioni di piazza e - in alcuni casi - scontri che hanno causato almeno otto morti e decine di feriti, per le "Camicie gialle" si tratta della "resa dei conti finale" nel tentativo di cacciare l'esecutivo guidato dalla premier Yingluck Shinawatra. I leader della protesta, sostenuti dalle élite economiche e finanziarie della capitale, hanno respinto la proposta del voto a breve, invocando la formazione di un "consiglio del popolo" a cui è affidato il compito di avviare le riforme e sradicare l'influenza del "regime dei Thaksin" dal Paese. In realtà, l'obiettivo è quello di fermare i successi elettorali della famiglia Shinawatra - prima Thaksin, ora la sorella Yingluck - che da almeno dieci anni vince grazie al consenso nelle aree urbane più povere e tra i contadini del nord; un successo, secondo i critici, macchiato da "voto di scambio" e corruttela diffusa.
I dimostranti hanno eretto barricate e occupato snodi chiave della capitale; il governo ha stanziato almeno 18mila agenti a protezione della capitale, per tutelare i suoi 12 milioni di abitanti. Riferendosi al leader della protesta Suthep Thaugsuban, fonti dell'esecutivo spiegano che "il governo gli lascerà fare la parte dell'eroe... oggi sarà il suo show" e non verrà usata la forza per reprimere la manifestazione, onde evitare le carneficine del passato. La premier Shinawatra ha ordinato a polizia ed esercito di "usare la massima cautela e non utilizzare tutte le armi a disposizione" per contenere i manifestanti.
Gli anti-governativi intendono paralizzare la capitale, bloccando sette delle principali intersezioni e circondando ministeri, caserme e altri edifici simbolo del potere. Le autorità hanno disposto la chiusura di 150 scuole a Bangkok. Il leader dei dimostranti Suthep Thaugsuban ha dichiarato che non ci saranno mezze vittorie; ieri sera, rivolgendosi ai simpatizzati, ha sottolineato che "non accetteremo nessuna proposta o negoziato", perché "in questa battaglia, la sconfitta è la sconfitta e la vittoria è la vittoria. Non vi sono compromessi, non vi sono vittorie dimezzate. La vittoria andrà a una sola parte".
Finora le proteste, che durano da diverse settimane, hanno avuto una connotazione in genere pacifica, sebbene non siano mancati momenti di tensione e scontri di piazza, che hanno causato la morte di otto persone, fra cui due ufficiali di polizia. I vertici militari, vera "eminenza grigia" del Paese, mantengono la linea della neutralità e auspicano il voto del 2 febbraio. Secondo alcuni manifestanti, le riforme politiche dovrebbero prevedere fra gli altri la fine del principio "una testa un voto" e il cambiamento del modello rappresentativo; difatti, la grande popolarità del governo nelle zone rurali è garanzia di vittoria anche alle prossime elezioni.
Le manifestazioni degli anti-governativi - un mix di esponenti della classe media, monarchici e abitanti del sud - sono le più imponenti dal 2010, quando il regno è stato sconvolto da una serie di rivolte di piazza concluse con un bagno di sangue e la morte di 90 civili. Obiettivo delle sommossa le dimissioni del governo guidato dalla premier Yingluck Shinawatra, accusata di essere un "pupazzo" nelle mani del fratello Thaksin, multimiliardario ed ex Primo Ministro, in esilio per sfuggire a una condanna a due anni di carcere. In realtà, l'attuale governo è stato eletto nel 2011 in modo democratico e il 28 novembre ha superato in modo netto una mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni in Parlamento (297 voti contro 134).