02/11/2016, 10.13
LIBANO
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Michel Aoun presidente : una nuova edizione del “miracolo libanese”

di Fady Noun

L’elezione accolta con favore da Europa e Stati Uniti. Commenti positivi anche dal patriarcato maronita e dalle Chiese di Siria. Il frutto di un “compromesso storico” che ha saputo unire le diverse anime del Paese. Aoun dovrà dare prova di “saggezza” e non eliminare le altre forze politiche. 

 

Beirut (AsiaNews) - Per molti questa è una nuova edizione del “miracolo libanese”: l’ex comandante in capo dell’esercito, il generale Michel Aoun (81 anni) è stato eletto lo scorso 31 ottobre 13° presidente della Repubblica libanese, dopo due anni e mezzo di vuoto presidenziale sfiancante per le istituzioni, la moralità pubblica e l’economia. Egli è stato eletto con 83 voti favorevoli su 127; il Parlamento è formato da 128 seggi, ma uno dei deputati si era dimesso in precedenza. 

L’elezione di Michel Aoun è stata accolta con favore dalla Comunità europea, così come dagli Stati Uniti, i quali hanno confermato il proseguimento del programma di aiuti all’esercito, una delle priorità del mandato presidenziale di Aoun come ha affermato egli stesso nel discorso pronunciato subito dopo aver prestato il giuramento costituzionale. 

Fra i primi a congratularsi per l’elezione [a capo di Stato] vi sono il presidente iraniano Hassan Rouhani e il capo di Stato siriano Bashar al-Assad; un fatto normale per quanti ritengono che la nomina di Michel Aoun sia una vittoria dell’asse siro-iraniano. 

Il patriarca maronita, le Chiese cattoliche di Siria, fra cui il patriarca greco-melchita Gregorio III Laham hanno anch’essi reagito in modo positivo all’elezione. 

Adorato dai suoi sostenitori, criticato da una gran parte dell’opinione pubblica, Michel Aoun deve la sua elezione ad un compromesso storico che ha infine messo insieme per la sua candidatura: in primis le Forze libanesi, secondo più importante partito in rappresentanza dei cristiani in Libano; a seguire la Corrente del Futuro, principale forza politica sunnita, guidata da Saad Hariri; e ancora, il Partito Socialista Progressista di Walid Jumblatt, principale fazione politica drusa. All’inizio egli beneficiava solo del sostegno della principale forza sciita presente in Libano, Hezbollah. 

Nonostante l’accoglienza festosa all’indomani dell’elezione dei sostenitori del Movimento Patriottico Libero (Mpl), da lui fondato, Michel Aoun - brillante ufficiale e uomo politico di rara tenacia - deve ora resistere alla tentazione di appropriarsi il merito esclusivo di questo miracolo. La svolta nella crisi presidenziale non è una “grande vittoria” né per il Mpl, né per le Forze libanesi, né per Hezbollah, principale alleato sciita del generale Aoun, né per la Corrente del Futuro, né per il partito di Walid Jumblatt. Tutte queste forze hanno dovuto fare delle concessioni per permettere l’elezione di Michel Aoun. Il grande vincitore sembra essere lo spirito del compromesso interno e regionale che l’ha reso possibile. 

Secondo un diplomatico occidentale di alto rango, l’ascesa di Michel Aoun alla presidenza della Repubblica libanese inaugura una nuova fase piena di promesse nella vita politica del Paese dei Cedri. Il presidente della Repubblica, che era finora confinato a un ruolo di arbitro o a una posizione subordinata, è ormai l’uomo forte della sua comunità. Questo è anche uno degli argomenti sostenuti da Michel Aoun per giustificare il blocco sistematico del quorum parlamentare che la sua corrente ha perpetrato, con il proposito di impedire l’elezione in sua vece di un presidente “debole” nominato dai capi politici musulmani. 

“I maroniti sono sempre stati dei ribelli. Michel Aoun ha senza dubbio usato - aggiunge la fonte diplomatica sopracitata - dei mezzi contrari alla Costituzione per raggiungere i propri fini, ma in ultima battuta le guerre che si combattono attorno al Libano non hanno nulla di democratico”.  

Per accettare quanto appare improponibile agli occhi degli altri, bisogna tentare di passare dal breve al lungo periodo. Questo implica il superamento dell’ottica giuridica con la quale guardiamo all’evento, per abbracciare uno sguardo più ampio in cui gli attori politici non siano più definiti dai loro pregi e dai loro difetti, ma dalle dinamiche stesse che li hanno portati al potere. 

Ed è proprio su questo punto che la via di uscita della crisi presidenziale libanese si inserisce nel contesto geopolitico regionale. Il compromesso libanese potrebbe in effetti costituire un esempio e un modello da seguire. Il mondo arabo è il teatro di un conflitto planetario che lacera nel profondo la comunità islamica, dividendola fra sciiti e sunniti. Mentre si acuiscono le divisioni con la guerra in Yemen e l’impasse del conflitto siriano, così come l’inserimento di Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroriste da parte dell’Arabia Saudita, in questo contesto così critico all’improvviso gli Hezbollah vicini all’Iran e la Corrente del Futuro filo-saudita decidono di sostenere lo stessa candidatura per la presidenza cristiana del Libano. E non è per niente scontata nemmeno la decisione di sedersi e discutere della formazione di un governo che comprenda entrambe le parti.

Inoltre, è doveroso riconoscere che il Libano ha saputo affermarsi come il luogo ideale per sperimentare questo compromesso grazie alla sua unità politica che ha saputo mantenere fino agli estremi; grazie alla solidità e alla sicurezza dello Stato e alla impermeabilità delle sue frontiere a dispetto della minaccia terrorista islamica; e infine grazie anche al dialogo interno promosso da Corrente del Futuro ed Hezbollah. 

Secondo la fonte occidentale già citata in precedenza, era necessario che il Libano - nel contesto del banchetto regionale - fosse servito come “aperitivo” e non come “dessert” finale. Del resto era proprio in questa direzione che spingevano i Paesi amici del Libano per tutto il corso della crisi presidenziale, in special modo fornendo al Libano stesso i mezzi e gli insegnamenti necessari nella lotta contro il terrorismo, tanto all’interno del Paese quanto alla sua frontiera orientale. 

“Ora bisogna sperare - aggiunge ancora la fonte - che Michel Aoun sappia evitare l’errore commesso dai Fratelli musulmani in Egitto, e non cerchi di eliminare le altre forze politiche, che non si intestardisca egli stesso in molteplici battaglie, e che faccia prova ‘di saggezza e di flessibilità’ per esercitare una ‘collaborazione’ intelligente, e non muscolare”. Come avviene a tutte le latitudini, bisognerà concedere al nuovo presidente libanese i classici “cento giorni” di beneficio per fare le opportune sperimentazioni a cominciare, fin da subito, dalla formazione di un nuovo governo di unità nazionale. 

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