22/04/2025, 12.43
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Metropoli dell'Asia: non c'è futuro senza partire dalle baraccopoli

di Lisa Bongiovanni

È in corso a Bangkok il vertice dell'Escap sull'obiettivo di sviluppo sostenibile che mette al centro proprio quelle periferie urbane tanto care anche a papa Francesco. La denuncia: la regione Asia-Pacifico registra il più grande deficit abitativo al mondo e lo sviluppo e l’arricchimento dei centri urbani non sta risolvendo il problema. Mentre il cambiamento climatco rischia di peggiorare la situazione.

Milano (AsiaNews) – Si è aperta ieri a Bangkok e proseguirà fino al 25 aprile l’81esima sessione dell’Escap, la Commissione sociale ed economica dell’Onu per l’Asia e il Pacifico. L’obiettivo è monitorare i progressi della regione rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) che le Nazioni Unite hanno indicato come traguardo per il 2030. E tra questi la sessione di quest’anno mette sotto i riflettori l’obiettivo 11, quello che mira a rendere le città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili. Un traguardo che, nonostante i progressi, è ancora lontano. Il problema non è solo sociale: il deficit abitativo è anche un freno strutturale allo sviluppo economico delle metropoli.

Le metropoli sono organismi complessi. Al loro interno tutto ha una funzione, come gli organi di un corpo. Il flusso umano attraversa i gangli della città e vive le strade. Entra nei grattacieli, pesanti e ordinati. Poi attraversa le zone residenziali e arriva in quelle più estese, nelle baraccopoli, leggere e caotiche; è qui che – come ha ripetuto tante volte anche papa Francesco - pulsa il cuore della metropoli ed è qui che vive il flusso, 600 milioni di persone, che sorregge l’economia della città lavorando nelle fabbriche, nell’edilizia e nella gestione dei rifiuti.

Le megalopoli sono come un corpo umano, la cura di nessun organo può essere tralasciata: se i centri urbani vogliono arricchirsi, non possono farlo ignorando il disagio delle baraccopoli. Gli insediamenti informali e le baraccopoli ostacolano lo sviluppo economico per un motivo logico: non essendo riconosciuti giuridicamente, chi li abita non contribuisce al gettito fiscale. Sono altri enti, spesso criminali, a riscuotere l’importo dovuto alimentando l’indotto dell’economia informale. Le cattive condizioni igieniche comportano alti costi sanitari, mentre l’assenza di diritti di proprietà scoraggia gli investimenti. L’isolamento dai servizi pubblici e la marginalizzazione alimentano la povertà intergenerazionale; così queste città nella città non si svuotano, ma si affollano.

Stando a quanto riportato all’interno del report, la regione Asia-Pacifico registra il più grande deficit abitativo al mondo e lo sviluppo e l’arricchimento dei centri urbani non sta risolvendo il problema. Al contrario, la popolazione che vive in insediamenti informali aumenterà e, sempre secondo le stime Escap, potrebbe passare da 500 milioni nel 2020 a 1,52 miliardi nel 2050 in Asia centrale e meridionale. In Asia orientale e sudorientale stima un aumento più modesto, da circa 350 a 465 milioni. La visione di "città senza baraccopoli", formulata da Nelson Mandela nel 1999, è una prospettiva ancora lontana.

Lo sviluppo incontrollato delle città ha superato la capacità degli Stati di governarne l’espansione. Nel 2008 la popolazione urbana globale ha superato quella rurale segnando l'avvento di un nuovo "millennio urbano" e, entro il 2050, si prevede che due terzi della popolazione mondiale vivrà in queste aree e il numero di residenti urbani è in crescita di quasi 73 milioni ogni anno. Oltre alla crescita demografica, nei prossimi anni la pressione sulle città aumenterà a causa della crisi climatica. Secondo le stime riportate nel documento, 8 milioni di migranti climatici si sposteranno entro il 2050. Tra le varie mete compaiono Dhaka e Karachi in Pakistan che potrebbero dover ospitare rispettivamente più di 3 e più di 2 milioni di migranti climatici. Il rapporto dedica ampio spazio alle ripercussioni del cambiamento climatico nel panorama immobiliare - capitolo 2, dedicato agli elementi di maggiore vulnerabilità -.

La situazione è alimentata dal malfunzionamento del mercato immobiliare che rende eccessivo il costo delle case. Il rapporto tra il costo di una casa e il reddito familiare annuo supera gli standard ragionevoli - il reddito annuo dovrebbe essere non inferiore ad un quinto del costo della casa. Gli immobili nelle metropoli sono diventati un investimento, una merce, anziché un posto in cui vivere. Il mercato immobiliare, se non viene regolamentato, potrebbe creare rischi sistemici per le economie urbane, nazionali e persino globali potendo sfociare nel rischio di una bolla immobiliare.

La gravità della situazione ha spinto i Paesi asiatici a cercare una soluzione: il rapporto dell'Escap cita in proposito anche alcuni esempi virtuosi nella regione. In Thailandia, il programma Baan Mankong guidato da un’agenzia pubblica semi-autonoma del governo, aiuta gli abitanti delle baraccopoli a ottenere alloggi sicuri tramite cooperative di quartiere e prestiti agevolati. Il tentativo delle autorità locali di smantellare le baraccopoli che sorgono lungo i canali ha suscitato l’opposizione dei residenti e delle associazioni per i diritti umani, separare le persone in difficoltà dalle loro reti sociali limiterà ulteriormente la loro capacità di riorganizzarsi adeguatamente. Il progetto nasce da questa intuizione: le comunità formano cooperative, negoziano con i proprietari privati e con il governo per l’acquisto di terreni e contrattano insieme le condizioni del prestito. La proprietà è detenuta collettivamente e la comunione delle risorse facilita la possibilità di ottenere finanziamenti. I terreni pubblici per l’edilizia abitativa a prezzi accessibili sono limitati, ma la comunità aggregandosi ha il potere di rivendicare i suoi diritti. Sarà in seguito la comunità stessa a determinare le caratteristiche della nuova zona residenziale, adattandola alle sue necessità. Il modello Indonesiano - Sapola -, invece, ha sottolineato l’importanza della legalizzazione della proprietà per ottenere una soluzione duratura. Al centro della strategia c’è anche la consapevolezza nella necessità di coinvolgere il governo locale e le comunità, decentralizzando il processo.

Le baraccopoli non sono un’anomalia: sono parte integrante del corpo urbano e, se ignorate, indeboliscono l’intero organismo. Servono interventi mirati che garantiscano proprietà sicura e i servizi pubblici coinvolgendo le comunità. Qualsiasi intervento richiede tempo, coesione sociale e un forte supporto istituzionale: condizioni difficili sopratutto nelle metropoli più estese e frammentate. Ma lo sviluppo economico delle metropoli sarà impossibile se le città continueranno a crollare sulle proprie contraddizioni.

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