Mentre aumenta il bilancio delle vittime cresce il timore per l'invasione di Gaza
Gerusalemme (AsiaNews) - Cresce il timore per l'annunciata invasione terrestre della Striscia di Gaza, mentre continuano il lancio di missili da parte palestinese e i bombardamenti israeliani e sale il bilancio delle vittime: fonti palestinesi parlano di 95 morti da martedì scorso, quando Israele ha lanciato l'operazione Protective Edge per fermare il lancio di razzi da Gaza. Gli israeliani lamentano una decina di feriti, uno dei quali grave.
L'esercito israeliano continua a sostenere che gli obiettivi sono "militari": postazioni di lancio, depositi di armi, centri di comando o abitazioni di esponenti di Hamas e che coloro che abitano negli edifici obiettivo degli attacchi vengono avvertiti cinque minuti prima. Il sistema evidentemente è carente, visto che ieri tutti gli otto membri di una famiglia di Khan Yunis, nella Striscia, sono rimasti uccisi in un bombardamento. A causare "l'errore", secondo l'esercito di Gerusalemme, il fatto che gli otto sono rientrati nell'edificio che poco prima avevano abbandonato, in quanto avvertiti. Per consentire ai feriti di ricevere cure negli ospedali egiziani, Il Cairo ha parzialmente aperto il valico di Rafah.
Il gran numero di vittime non sembra comunque intimorire i palestinesi: portavoce di diverse organizzazioni armate della Striscia giurano di voler continuare la loro lotta "fino alla fine".
Ad aggravare i timori di un ulteriore aggravamento della situazione, la notizia che stamattina un razzo è stato lanciato dal sud del Libano ed è caduto tra Metula e Kiryat Shmona, nel nord di Israele, senza provocare vittime o danni.
Sul piano internazionale si sta cercando di fermare lo scontro. Ieri il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha fatto appello al primo ministro turco Recip Tayyip Erdogan e a vari leader. Il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon ha esortato Israele e militanti palestinesi alla moderazione, dicendo che il Medio Oriente non poteva permettersi "un'altra guerra". I presidenti francese e russo Francois Hollande e Vladimir Putin hanno chiesto un cessate il fuoco e il presidente statunitense Barack Obama ha "espresso preoccupazione per il rischio di un'ulteriore escalation e ha sottolineato la necessità che tutte le parti facciano tutto il possibile per proteggere la vita dei civili e riportare la calma" e ha dichiarato che "gli Stati Uniti sono pronti a facilitare una cessazione delle ostilità, compreso un ritorno al cessate il fuoco del novembre 2012".
Allora la fine dei combattimenti fu ottenuta attraverso una mediazione egiziana. Ma, se dal Cairo si conferma di essere in contatto "con entrambe le parti", va considerato che se nel 2012 l'Egitto del presidente Morsi era amico dei Fratelli Musulmani - cui fa riferimento anche Hamas - oggi con Al-Sisi la Fratellanza è considerata una minaccia. E alti funzionari egiziani citati da Haaretz avrebbero detto che le condizioni per una mediazione "non sono mature", aggiungendo che già la settimana scorsa l'Egitto aveva cercato di raggiungere un compromesso.