Medio oriente, le tensioni Usa-Iran fanno aumentare i prezzi del petrolio
I future sul petrolio greggio crescono di 26 centesimi (+0,4%) fissandosi a 62,27 dollari al barile. Il Wti registra un aumento di 17 centesimi (+0,3%) toccando quota 52,68 dollari. Il 13 giugno i prezzi erano schizzati del 4,5% dopo gli attacchi alle petroliere nel Golfo. Esperto a Singapore: preoccupazione per una escalation che porta al “confronto militare”.
Teheran (AsiaNews/Agenzie) - Le tensioni in Medio oriente fra Iran e Stati Uniti (insieme agli alleati della regione, fra cui Arabia Saudita, Emirati e Israele) hanno determinato una impennata nei prezzi del petrolio. Una crescita rafforzata nelle ultime ore dalle dichiarazioni del segretario di Stato Usa Mike Pompeo, secondo cui Washington è pronta ad assumere “tutti i provvedimenti” necessari per garantire la sicurezza della navigazione della regione.
Parole che seguono il rifiuto di un dialogo con Trump del grande ayatollah Ali Khamenei durante l’incontro con il premier giapponese Shinzo Abe, che si sommano agli incidenti navali della scorsa settimana nel golfo dell’Oman.
Alla riapertura dei mercati, i future sul petrolio greggio crescono di 26 centesimi, per un valore dello 0,4%, fissandosi a 62,27 dollari al barile. Il 14 giugno erano aumentati dell’1,1%. I future sul petrolio greggio statunitense West Texas Intermediate (Wti) hanno registrato un aumento di 17 centesimi (+0,3%) toccando quota 52,68 dollari al barile. Nella sessione precedente avevano registrato un più 0,4%.
Il 13 giugno i prezzi erano schizzati del 4,5% in seguito agli attacchi alle due petroliere nel Golfo, nei pressi dello Stretto di Hormuz. Si è trattato del secondo incidente in poco più di un mese per un’area dall’importanza strategica per il commercio di petrolio, nel contesto di una crescente tensione fra Stati Uniti e Iran che preoccupa sempre più le diplomazie internazionali.
All’origine dello scontro, la decisione del presidente Usa Donald Trump nel maggio 2018 di ritirarsi dall’accordo nucleare (Jcpoa) raggiunto a fatica dal predecessore Barack Obama, introducendo le più dure sanzioni della storia. Nel mirino di Washington, che ha rafforzato la presenza militare nell’area, le esportazioni di petrolio della Repubblica islamica.
“Non vogliamo la guerra. E abbiamo fatto tutto il possibile per scongiurarla” ha dichiarato Pompeo in una intervista tv. Il segretario di Stato ha quindi aggiunto che sono in programma “nuove azioni” per “impedire all’Iran questo tipo di comportamento”. Di recente Teheran ha più volte minacciato il blocco dello Stretto di Hormuz se continueranno le sanzioni Usa contro il petrolio degli ayatollah.
“Le crescenti tensioni in Medio oriente - sottolinea Benjamin Lu, analista della Phillip Futures a Singapore - restano una causa di grande preoccupazione, mentre gli operatori temono interruzioni nelle forniture per una escalation che punta dritta verso il confronto militare”. Dallo scorso primo gennaio i Paesi Opec più la Russia e altri produttori (alleanza conosciuta come Opec+) hanno raggiunto un accordo per tagliare la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno (bpd). Il patto si conclude a fine mese e il gruppo dovrà riunirsi a breve per decidere la prossima mossa.
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