Marzo, il mese più difficile per i Tamil di Mannar
Mannar (AsiaNews) - Minacce, attacchi armati, bombe, trasferimenti forzati e infine anche il maltempo hanno messo a dura prova la popolazione della diocesi di Mannar nel nord del Paese per tutto il mese di marzo. “La situazione è veramente disastrosa, una miseria”, ha detto p. Santia Joycee Peppi, direttore della Caritas a Mannar, durante un’intervista ad AsiaNews.
Secondo p. Peppi i cattolici della diocesi di Mannar sono circa 82 mila e almeno sei delle 28 parrocchie non hanno potuto celebrare nè Quaresima, nè Pasqua a causa della guerra. Il responsabile della Caritas punta il dito contro il presidente Mahinda Rajapaksa: “Quest’uomo, affamato di soldi e di potere, non fa che disastri. Da una parte c’è la lotta per la liberazione e dall’altra i politici fanno di tutto per conservare le loro posizioni”.
“Sono molto preoccupato - aggiunge p. Peppi - per i cattolici di origine Tamil, ma anche per gli indù e i musulmani. Sono tutti esseri umani a cui Dio ha donato questa terra”. Secondo p.Peppi almeno 6704 famiglie a Mannar sono colpite dalla guerra che costringe la popolazione a scappare. La Cartitas nella diocesi cerca di portare sollievo alla popolazione offrendo rifugio temporaneo per gli sfollati, aiuti nella formazione, assistenza medica, e un servizio funebre.
K.Kanagalingam un tamil indù di 54 anni è spaventato per gli scontri quotidiani causati dlle due etnie. Gli fa eco un’altra donna Tamil cattolica: “Siamo reclusi nei campi per i rifugiati, costretti a spostarci a causa della guerra. Una guerra che dovrebbe finire per lasciare posto alla pace. Molti muoiono prima di vedere la fine di questa triste odissea”.
I combattimenti tra le forze armate del governo e i ribelli conosciuti come le ‘Tigri per l liberazione del Tamil Eelam’ (LTTE) si sono intensificati nel periodo dal 5 al 24 marzo, con sanguinosi scontri ed un acuto bilancio di morti: 500 ribelli, 223 militari per la sicurezza e 50 soldati hanno perso la vita.
Le operazioni militari a Mannar continuano e le forze armate stanno prendendo il controllo di una vasta area.
Intorno alla metà di marzo il personale per la sicurezza del Paese ha inviato una lettera al vescovo di Mannar, mons. Joseph Rayyapu, chiedendogli di raccogliere tutte le armi e l’artiglieria che - secondo loro - i ribelli custodiscono nella zone intorno al santuario di Madhu. Si legge nella lettera: “L’area di Madhu è territorio demilitarizzato e l’uso di armi nelle postazioni di attacco viola le regolazioni internazionali”.
Secondo mons. Rayappu il gruppo LTTE non ha piazzato nessun arma vicino al santuario e i ribelli hanno visitato il luogo sacro solo per partecipare alle attività religiose. I militari del governo non sono affatto persuasi dalla risposta, e sostengono che le ‘Tigri ribelli’ avrebbero collocato artiglieria pesante attorno al santuario per provocare un attacco da parte delle forze di sicurezza, così che gli eventuali danni alla chiesa darebbero vita ad un caso internazionale.
26/04/2008