Martinelli: ‘Polifonia della fede’, l’eredità di Papa Francesco e la Chiesa del Golfo
In una riflessione inviata ad AsiaNews il vicario d'Arabia definisce il pontefice “presenza concreta” per i cristiani della regione. Il viaggio apostolico del 2019, la nascita della Casa Abramitica e la firma del documento sulla fratellanza. Una fraternità universale che accoglie le differenze come dono e ricchezza, l’Enciclica Laudato sì e il rammarico per la mancata partecipazione alla COP28.
Abu Dhabi (AsiaNews) - Papa Francesco “non è un’entità astratta, ma una presenza concreta” per la Chiesa d’Arabia, anche perché “è stato il primo papa a essere venuto nel Golfo” per una visita “unica” e che ha “davvero aperto una porta che nessuno avrebbe mai potuto immaginare fino a pochi anni fa”. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Paolo Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen), che ha inviato al contempo una più approfondita riflessione sul valore del pontefice scomparso ieri mattina e il suo rapporto con il Golfo e una Chiesa migrante. “Tutti lo sentono vicino - osserva il prelato - i nostri fedeli innanzitutto, ma anche quelli di altre religioni che hanno manifestato grande affetto. Io stesso ho ricevuto lettere di leader e capi di altre fedi, che manifestano la partecipazione al dolore”.
Nel vicariato dell’Arabia meridionale il cuore delle celebrazioni per la morte del papa argentino sarà la Casa Abramitica, in cui il 24 aprile si terrà una messa solenne concelebrata col nunzio apostolico e gli ambasciatori, oltre ai responsabili della struttura. “Sottolineeremo - spiega mons. Martinelli - il profondo legame che unisce Francesco con la terra d’Arabia nel luogo, la chiesa di san Francis, donato dal presidente degli Emirati Arabi Uniti al papa stesso: un luogo privilegiato - afferma - per sottolineare questa unione che si è creata”. Una unità col papa rinsaldata dal viaggio apostolico del 2019 e che ha spinto i fedeli “a confluire in queste ore nelle chiese a pregare”.
Un’ultima riflessione, mons. Martinelli la riserva al tema dei migranti e al “continuo richiamo” fatto da papa Francesco “alla necessità di accoglierli, soprattutto di rispettarne la profonda dignità” osserva il prelato. Elementi fondamentali per una Chiesa composta in larghissima maggioranza da migranti provenienti “da tante parti del mondo, quasi un centinaio di nazionalità diverse”. E che lo hanno spinto, nella messa allo stadio ad Abu Dhabi del 2019, a usare l’espressione “polifonia della fede, in una pluralità di doni, carismi, tradizioni e riti”.
Di seguito, la testimonianza inviata ad AsiaNews di mons. Martinelli:
Innanzitutto credo che la reazione forte nella Chiesa e nel mondo all’annuncio della conclusione delle missione terrena di papa Francesco, di dolore per la sua morte e di gratitudine per quanto ha compiuto in questi 12 anni, sia già una chiara espressione dell’enorme valore di questo pontificato. Papa Francesco in questi anni ha compiuto numerosi gesti profetici realizzato incontri straordinari, offerto un ampio magistero, affrontando le questioni fondamentali poste dal “cambiamento di epoca”, come lui stesso diceva ripetutamente, in cui ci troviamo.
Per il vicariato apostolico dell’Arabia Meridionale - che comprende Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen - certamente indelebile rimane la sua visita ad Abu Dhabi (3-5 febbraio 2019) in occasione della firma del documento sulla Human Fraternity insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad al-Tayyib. Fu la prima volta di un sommo pontefice nella penisola araba. Ancora oggi il ricordo è vivissimo tra i nostri fedeli, tra le persone di altre religioni e le autorità governative. In questo documento si esprime la visione di papa Francesco sul dialogo interreligioso, che chiede alle persone di fedi diverse di lavorare insieme per rendere il mondo più umano e fraterno adottando, come si afferma nel testo, “la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”.
Al suo interno si parla della centralità di Dio nella vita umana e nella società; della dignità di ogni persona, del valore della libertà, della giustizia “basata sulla misericordia” e della educazione delle nuove generazioni al senso religioso e ai valori spirituali; la promozione della famiglia e della donna nella società. In particolare, si afferma con forza come non si possa mai fare violenza in nome di Dio. L’esperienza religiosa per sua natura è una esperienza di pace e di misericordia. La violenza in nome di Dio è tradimento e strumentalizzazione della religione. La fede, ci dice il documento fin dall’inizio, ci spinge a considerare ogni persona umana come fratello e sorella, specialmente coloro che sono nel bisogno.
Inoltre, papa Francesco ad Abu Dhabi ha fatto visita in quella occasione anche alla Chiesa locale. Ha visitato la cattedrale di san Giuseppe e soprattutto ha celebrato la Santa Messa nello stadio Zayed gremito di fedeli. Desidero ricordare un passaggio della sua omelia: “Voi qui conoscete la melodia del Vangelo e vivete l’entusiasmo del suo ritmo. Siete un coro che comprende una varietà di nazioni, lingue e riti; una diversità che lo Spirito Santo ama e vuole sempre più armonizzare, per farne una sinfonia. Questa gioiosa polifonia della fede è una testimonianza che date a tutti e che edifica la Chiesa”. Per me queste parole rappresentano una eredità specifica per la nostra Chiesa locale: essere una Chiesa in cui si sperimenta l’unità nella diversità di doni, carismi, culture, tradizioni e riti diversi.
Soprattutto, non va dimenticato che la firma del documento sulla Human fraternity è accaduta celebrando l’ottavo Centenario dell’incontro tra san Francesco di Assisi e il Sultano di Damietta, Malik al-Kāmil (1219-2019). In questa prospettiva si conferma anche il carattere profondamente “francescano” del pontificato, a cominciare dalla scelta del nome. Carattere approfondito poi anche da documenti magisteriali che anche per noi nel Golfo sono decisivi. Penso ad esempio alla enciclica di ispirazione francescana Fratelli tutti, che di fatto costituisce l’approfondimento più sistematico del documento firmato ad Abu Dhabi, in cui si propone l’amicizia sociale per promuovere una società inclusiva e solidale, nella proposta di una fraternità universale che accoglie le differenze come dono e ricchezza da condividere. All’Enciclica Laudato sì sulla cura della casa comune in cui il papa invita a seguire l’esempio di san Francesco d’Assisi che vede in tutte le creature un dono di Dio, per cui rendere lode all’Altissimo. A questo proposito penso all’importanza di questo tema fondamentale anche per gli Emirati Arabi Uniti in cui è stato celebrato il COP 28 (30.11-13.12.2023) a Dubai, al quale papa Francesco desiderava ardentemente partecipare. Desiderio che poi, purtroppo, non si è realizzato a causa di una influenza.
Infine papa Francesco rimane nei cuori nei fedeli del nostro vicariato apostolico anche per il suo rapporto con l’Oman e lo Yemen. Papa Francesco attraverso i due viaggi nel Golfo (Abu Dhabi e Bahrain) ha favorito il rapporto con l’Oman che ormai da due anni ha relazioni diplomatiche stabili con la Santa Sede. Questo è un dato che favorisce il nostro lavoro pastorale con i cattolici che risiedono in questo Paese. E ancora, immensa è la nostra gratitudine per papa Francesco per non aver mai dimenticano il dramma dello Yemen. Nonostante che il Paese sia stato di fatto dimenticato dal mondo lungo i dieci anni di guerra civile, il papa non ha mai fatto mancare di far sentire la sua voce e chiedere la riconciliazione delle parti.
Ricordo con commozione quando nell’udienza generale del 19 aprile del 2023 il papa citò i nomi delle sette suore missionarie della carità, di Madre Teresa di Calcutta, che erano state uccise in due attentati nello Yemen, nel luglio del 1998 e all’inizio della guerra civile, il 4 marzo del 2016, definendole “martiri del nostro tempo”.
Anche la domenica di Pasqua di quest’anno, un giorno prima della sua morte, nel discorso fatto per la benedizione Urbi et Orbi è tornato a parlare dello Yemen, chiedendo ancora pace: “Un pensiero speciale rivolgo anche al popolo dello Yemen, che sta vivendo una delle peggiori crisi umanitarie ‘prolungate’ del mondo a causa della guerra, e invito tutti a trovare soluzioni attraverso un dialogo costruttivo”. Davvero credo che papa Francesco anche per queste sue attenzioni piene di amore e di tenerezza per chi soffre rimarrà per sempre nel cuore di coloro che vivono nella penisola araba.
*Vicario apostolico dell’Arabia meridionale
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