04/11/2020, 08.53
TURCHIA
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Mardin, aggiornato a gennaio il processo al monaco assiro accusato di terrorismo

In una udienza a porte chiuse i giudici hanno ascoltato testimoni e imputato, poi rimandato al 27 gennaio il procedimento. Padre Sefer (Aho) Bileçen ha dichiarato di non conoscere le persone che aiutava e alle quali ha dato del cibo. L’accusa basata sulla “confessione” di un (presunto) ex affiliato al Pkk.

Istanbul (AsiaNews) - Dopo aver ascoltato i testimoni e lo stesso imputato, i giudici della Terza sezione dell’Alta corte penale di Mardin hanno aggiornato al prossimo 27 gennaio il processo a carico del monaco assiro Sefer (Aho) Bileçen. Egli è alla sbarra con l’accusa di terrorismo, per aver dato da mangiare ad un curdo affiliato - secondo i magistrati - al movimento Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan fuorilegge in Turchia e il cui leader Abdullah Öcalan è in carcere dal 1999. 

La terza udienza si è tenuta di fronte a un numero limitato di persone a causa della pandemia di nuovo coronavirus ed era interdetta ai cronisti e alla stampa per ordine delle autorità. 

Il sacerdote assiro, che rischia l’ergastolo in caso di condanna in base all’accusa di “appartenenza ad una organizzazione terrorista”, ha risposto alle domande dei giudici confermando quanto detto fin dal momento del suo arresto, nel gennaio scorso. Padre Aho ha ribadito di non conoscere le persone alle quali aveva dato da mangiare e che questo gesto lo aveva compiuto a più riprese anche con altre persone in passato. Chiunque venisse a bussare alla porta del convento, ha ripetuto, poteva trovare sempre qualcosa, anche solo un pezzo di pane.

P. Sefer (Aho) Bileçen è custode del monastero di Mor Yakup (S. Giacomo), una costruzione di circa 1500 anni, nel distretto di Nusaybin a Mardin, nell’estremo sud-est della Turchia, al confine con la Siria. Un edificio storico, ma in stato di abbandono dal genocidio armeno del 1915, ed è proprio grazie all’impegno del religioso che è stato riaperto nel 2010. 

Egli era stato arrestato in seguito alla testimonianza di un presunto affiliato (poi pentito) al Pkk. La sua confessione risulterebbe decisiva per l’incriminazione del sacerdote assiro. Un secondo testimone, anch’egli in carcere, ha detto di non conoscere il religioso e di aver sentito da altri che distribuiva cibo ai bisognosi come gesto di carità. 

Il processo giunge in un momento di grandi tensioni internazionali che vedono contrapposte la Turchia e nazioni occidentali, in particolare la Francia. La tensione fra i due Paesi si spiega anche con la sempre maggiore vicinanza di Ankara all'ideologia dei Fratelli musulmani, propugnatori di un nuovo califfato e nemici antichi del regno wahhabita. A questo si aggiunge la politica interna a colpi di “nazionalismo e islam” impressa da Erdogan, che ha colpito anche la comunità cristiana che denuncia la conversione di antiche basiliche in moschee, come avvenuto per Santa Sofia e Chora.

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