Marcos jr da Xi: 22,8 miliardi di dollari per ‘pacifica’ gestione delle dispute nel Mar Cinese
Tre giorni di visita del presidente filippino a Pechino. Siglati 14 accordi cooperazione, tra cui la creazione di una linea diretta tra i rispettivi ministeri degli Esteri. Nazionalisti e attivisti filippini vogliono una posizione più dura nei confronti della Cina. Le aperture di Marcos jr non risolvono la contesa territoriale.
Roma (AsiaNews) – Investitori cinesi hanno promesso impegni finanziari nelle Filippine per 22,8 miliardi di dollari. Lo ha rivelato oggi l’Ufficio stampa del presidente filippino Ferdinand Marcos jr al termine della sua tre giorni di visita in Cina. I fondi del gigante asiatico hanno avuto subito l’effetto di temperare la retorica di Manila contro le pretese territoriali di Pechino nel Mar Cinese meridionale.
Nella dichiarazione congiunta seguita all’incontro tra Marcos jr e Xi Jinping si legge che le due parti hanno concordato di istituire un canale di comunicazione diretta tra i rispettivi ministeri degli Esteri per gestire in “modo pacifico” la contesa sul vasto specchio d’acqua.
Nazionalisti e attivisti filippini vogliono in realtà che il loro presidente faccia valere una sentenza di un tribunale internazionale di arbitrato per proteggere i confini nazionali dalle rivendicazioni territoriali della Cina. Nel 2016 la Corte dell’Aia ha definito “senza basi legali” le pretese cinesi su quasi il 90% del Mar Cinese meridionale: un verdetto che Pechino non ha mai riconosciuto.
Insieme a Vietnam, Brunei, Malaysia, Taiwan e in parte l’Indonesia, le Filippine si oppongono alle richieste della Cina, che da anni continua a militarizzare alcune isole e banchi coralliferi nel tratto di mare. Per contenere l’espansione di Pechino, navi e aerei da guerra Usa compiono regolari pattugliamenti nei pressi di questi avamposti militari.
Marcos jr ha rimarcato che Xi ha promesso di trovare un compromesso sui problemi dei pescatori filippini di stanza nelle aree contese. Come sottolineato da Rappler, questi denunciano da tempo di vedere la loro pesca quasi azzerata a causa della presenza di grandi convogli cinesi e delle attività di interdizione della Guardia costiera di Pechino.
Nel complesso Cina e Filippine hanno siglato 14 accordi di cooperazione. Sempre sul Mar Cinese meridionale, i due governi hanno espresso la volontà di riaprire il dialogo sull’esplorazione congiunta del bacino marittimo per la ricerca di petrolio e gas. A inizio dicembre Marcos jr aveva detto che il suo Paese doveva trovare modi per sfruttare le risorse di idrocarburi presenti nella regione contesa, anche senza un accordo con i cinesi.
Le Filippine hanno bisogno di investimenti per costruire nuove infrastrutture. Non sorprende che Marcos jr sia andato a Pechino a chiedere finanziamenti. Le sue “aperture” sul Mar Cinese meridionale rimangono però sempre nell’alveo della “gestione” della crisi e non di una sua soluzione.
È da ricordare che con l’obiettivo di ridurre le tensioni, l’Associazione dei Paesi del sud-est asiatico è impegnata dal 2016 a negoziare con Pechino un “codice di condotta” per la navigazione nel mare conteso. I negoziati si trascinano con scarsi risultati, soprattutto perché i cinesi si rifiutano di attribuire al documento un valore legale vincolante.
Il presidente filippino deve tenere poi conto dell’alleato statunitense. Manila ha rivelato di recente che Washington vuole costruire cinque nuovi avamposti militari nel Paese, due dei quali nella provincia settentrionale di Cagayan. L’area si affaccia sullo Stretto di Luzon, che separa le Filippine da Taiwan: un punto nevralgico in caso di conflitto tra Pechino e Taipei. Lo è anche per la strategia Usa – ancora in fase di elaborazione – di prevenire attacchi navali cinesi contro il territorio taiwanese con una “anti-Marina”: una difesa attiva che vede unità terrestri, sparse in tutto il Pacifico occidentale, usare missili di precisione per tenere a distanza le forze navali di Pechino.