Marcos Jr. promette più attenzione alla riabilitazione nella lotta alla droga
Nel suo secondo discorso sullo Stato della nazione il presidente filippino ha sostenuto di voler puntare sull'educazione dei tossicodipendenti. Dall'inizio dell'anno ancora 350 i morti ufficiali nella campagna repressiva, che ora ha messo nel mirino anche i poliziotti corrotti. Scettica la coalizione per i diritti umani Karapatan: «Solo propaganda, le esecuzioni extra-giudiziarie continuano».
Manila (AsiaNews) - A quasi 13 mesi dall’inizio del suo mandato presidenziale, Ferdinand Marcos Jr ha confermato la volontà di dare un “nuovo volto” alla "guerra alla droga", avviata dal suo predecessore Rodrigo Duterte costata un gran numero di vittime, in particolare tossicodipendenti e piccoli spacciatori. Lo ha fatto lunedì nel suo secondo discorso sullo Stato della nazione, sostenendo che accanto alla repressione ora nelle Filippine si stanno moltiplicando gli sforzi per la “riabilitazione” dei tossicodipendenti.
Quella ribadita da Marcos non è più soltanto la linea dura verso spacciatori e trafficanti, ma anche nei confronti di quei settori del sistema pubblico che hanno favorito e diffuso ulteriormente la piaga della tossicodipendenza, in particolare tra i settori più svantaggiati della popolazione. In questo senso un segnale era già arrivato a gennaio, quando un migliaio di poliziotti era stato costretto a offrire le dimissioni per il coinvolgimento in un business del valore di miliardi di dollari l’anno. Non si sa però quanti di essi abbiano effettivamente lasciato il corpo, anche se proprio oggi Marcos Jr. ha annunciato di aver accettato le dimissioni di 3 generali e 15 altri graduati.
Dal primo luglio 2016, quando Duterte lanciò la sua campagna promessa agli elettori filippini esasperati dalla diffusione della tossicodipendenza e dalla sostanziale impunità dei responsabili, vi sono stati circa 350mila arresti. Poco meno di 7mila i morti ufficiali, inclusi i 350 dall’inizio del 2023; ma le fonti indipendenti parlano di cifre doppie se non triple mentre la droga - nonostante la repressione, gli accordi internazionali e i duri colpi inferti alle agguerrite reti di produzione e smercio - continua a farsi strada nella società filippina.
La politica di Marcos si colloca nel solco della “legalità” di Duterte ma anche del padre, l’ex dittatore Ferdinand Marcos di cui ha accelerato la riabilitazione. Continua a utilizzare la lotta alla criminalità o a quanto resta delle ribellioni comunista e islamista come strumento repressivo verso elementi o gruppi in dissenso con le politiche ufficiali. E pochi giorni fa ha confermato che non intende collaborare con l'indagine aperta dalla Corte Penale Internazionale contro Duterte.
Nel caso specifico del contrasto alla tossicodipendenza – piaga che si stima riguardi 1,8 milioni di filippini – pur non rinunciando alla forza, ha tuttavia indicato di volere puntare anche su educazione e riabilitazione per i tossicodipendenti. Affermazione che ha suscitato un diffuso scetticismo delle organizzazioni per i diritti umani: temono che il “nuovo corso” del governo non solo risulti poco efficace nella prevenzione e nella persecuzione dei responsabili, ma che alimenti controllo e repressione, oltre che continuare a coprire esecuzioni sommarie e brutalità da parte delle forze di sicurezza in un clima di sostanziale impunità.
Un timore espresso anche da Cristina Palabay, esponente della coalizione per i diritti umani Karapatan. “Il presunto volto nuovo della campagna anti-narcotici è solo una riproposizione dei vecchi editti propagandistici della scorsa amministrazione che non significano assolutamente nulla nell’ambito delle continue esecuzioni extra-giudiziarie della guerra alla droga e nel disinteresse e anche il disprezzo verso la giustizia per le vittime”.
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