Mar Cinese meridionale: gli interessi di Washington alimentano la tensione
Le Filippine si rivolgono agli Stati Uniti per modernizzare l’apparato militare. La Cina lancia un monito agli Usa, perché stiano “alla larga“ dalla regione. La diplomazia cinese cerca di placare la tensione con il Vietnam. Ma è guerra aperta fra i giornali vicini ai governi comunisti di Pechino e Hanoi.
Manila (AsiaNews/Agenzie) – Manila ne invoca l’aiuto per modernizzare l’apparato bellico e potenziare le forze armate; Pechino, invece, lancia un monito perché “stia alla larga” dalla controversia. Il ruolo degli Stati Uniti e le mire di Washington nell’area potrebbero acuire le tensioni nel mar Cinese meridionale, al centro di una disputa territoriale che coinvolge Filippine, Vietnam e Cina. Intanto è ormai guerra aperta – almeno a parole – fra giornali cinesi e vietnamiti, con reciproci scambi di accuse.
Gli Stati Uniti forniranno armamenti per rafforzare l’esercito filippino, pronto a “controbattere a ogni atteggiamento aggressivo” nella porzione di mare che comprende le isole Spratly e Paracel. In una conferenza congiunta con il ministro degli Esteri Albert del Rosario, il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha affermato che il governo è “determinato e impegnato” a sostenere la difesa delle Filippine. Del Rosario incontrerà Robert Gates, ministro Usa della Difesa, e altri alti ufficiali americani per “valutare quali mezzi serviranno” al governo di Manila. La Clinton ha inoltre aggiunto di essere “preoccupata” per l’evoluzione della situazione nel mar Cinese meridionale. Tuttavia, il ministro filippino degli Esteri assicura che il Paese è “preparato a fare quanto necessario per respingere ogni attacco”. Intanto il presidente Benigno Aquino ha stanziato 11 miliardi di pesos (poco più di 250 milioni di dollari) per rafforzare la marina militare.
Gli interessi del governo Usa nella zona dell’Asia-Pacifico allarmano la Cina, che invita Washington a “stare alla larga” dalle dispute nell’area. Cui Tiankai, vice-ministro degli Esteri, sottolinea che Pechino non è interessata a esasperare la tensione, fino a provocare un conflitto, ma avverte che gli Stati Uniti “non sono una nazione con rivendicazioni legittime nel mar Cinese meridionale”. In precedenza, il portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei aveva assicurato l’intenzione di promuovere relazioni amichevoli e cooperazione “con tutte le nazioni del mondo, in special modo quelle a noi vicine”.
Nel frattempo è guerra aperta – almeno sulla carta stampata – fra la Cina e il Vietnam, con articoli al vetriolo sui principali quotidiani dei due Paesi. I giornali di Hanoi puntano il dito contro Pechino, colpevole di “esacerbare” la situazione e di “distorcere” i fatti. Pronta la risposta del fronte cinese, che si affida a un editoriale del People’s Daily per accusare il Vietnam di “continue provocazioni”, che verranno “respinte al mittente” dalla potente marina cinese. Va ricordato che i media cinesi e vietnamiti sono vicini al governo e agli organi del partito comunista; ragion per cui non può essere frutto del caso o dell’iniziativa personale, questa strategia della tensione fra i due fronti.
Fra le nazioni della regione Asia-Pacifico, la Cina è quella che avanza le maggiori rivendicazioni in materia di confini marittimi nel mar Cinese meridionale, che comprendono le isole Spratly e Paracel, disabitate, ma assai ricche di risorse e materie prime. L’egemonia nell’area riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento delle materie prime, fra cui petrolio e gas naturale.
A contendere le mire espansionistiche di Pechino vi sono il Vietnam, le Filippine, la Malaysia, il Sultanato del Brunei e Taiwan, cui si uniscono la difesa degli interessi strategici degli Stati Uniti nell’area.
Gli Stati Uniti forniranno armamenti per rafforzare l’esercito filippino, pronto a “controbattere a ogni atteggiamento aggressivo” nella porzione di mare che comprende le isole Spratly e Paracel. In una conferenza congiunta con il ministro degli Esteri Albert del Rosario, il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha affermato che il governo è “determinato e impegnato” a sostenere la difesa delle Filippine. Del Rosario incontrerà Robert Gates, ministro Usa della Difesa, e altri alti ufficiali americani per “valutare quali mezzi serviranno” al governo di Manila. La Clinton ha inoltre aggiunto di essere “preoccupata” per l’evoluzione della situazione nel mar Cinese meridionale. Tuttavia, il ministro filippino degli Esteri assicura che il Paese è “preparato a fare quanto necessario per respingere ogni attacco”. Intanto il presidente Benigno Aquino ha stanziato 11 miliardi di pesos (poco più di 250 milioni di dollari) per rafforzare la marina militare.
Gli interessi del governo Usa nella zona dell’Asia-Pacifico allarmano la Cina, che invita Washington a “stare alla larga” dalle dispute nell’area. Cui Tiankai, vice-ministro degli Esteri, sottolinea che Pechino non è interessata a esasperare la tensione, fino a provocare un conflitto, ma avverte che gli Stati Uniti “non sono una nazione con rivendicazioni legittime nel mar Cinese meridionale”. In precedenza, il portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei aveva assicurato l’intenzione di promuovere relazioni amichevoli e cooperazione “con tutte le nazioni del mondo, in special modo quelle a noi vicine”.
Nel frattempo è guerra aperta – almeno sulla carta stampata – fra la Cina e il Vietnam, con articoli al vetriolo sui principali quotidiani dei due Paesi. I giornali di Hanoi puntano il dito contro Pechino, colpevole di “esacerbare” la situazione e di “distorcere” i fatti. Pronta la risposta del fronte cinese, che si affida a un editoriale del People’s Daily per accusare il Vietnam di “continue provocazioni”, che verranno “respinte al mittente” dalla potente marina cinese. Va ricordato che i media cinesi e vietnamiti sono vicini al governo e agli organi del partito comunista; ragion per cui non può essere frutto del caso o dell’iniziativa personale, questa strategia della tensione fra i due fronti.
Fra le nazioni della regione Asia-Pacifico, la Cina è quella che avanza le maggiori rivendicazioni in materia di confini marittimi nel mar Cinese meridionale, che comprendono le isole Spratly e Paracel, disabitate, ma assai ricche di risorse e materie prime. L’egemonia nell’area riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento delle materie prime, fra cui petrolio e gas naturale.
A contendere le mire espansionistiche di Pechino vi sono il Vietnam, le Filippine, la Malaysia, il Sultanato del Brunei e Taiwan, cui si uniscono la difesa degli interessi strategici degli Stati Uniti nell’area.
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