Mar Cinese meridionale: Hanoi e Manila verso un ricorso all'Onu. Ira di Pechino
Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Dopo tentativi di distensione e incontri fra alti funzionari governativi, torna a salire la tensione fra Hanoi e Pechino per le dispute territoriali nel mar Cinese meridionale, già ai ferri corti la scorsa primavera per la controversia sulla piattaforma petrolifera. Nella controversia è intervenuto il portavoce del ministero cinese degli Esteri Hong Lei, che ha bollato le rivendicazioni del Vietnam sulle isole Spratleys come "illegali e invalide", aggiungendo che "la Cina non sarà mai disposta ad accettarle". La dura nota del governo comunista cinese contro (l'ex) alleato vietnamita giunge in risposta alla presentazione formale, da parte di Hanoi, al tribunale internazionale Onu cui ha già fatto ricorso il governo filippino per dirimere le controversie nei mari.
In base al ricorso presentato da Hanoi alla Corte permanente di arbitrato (Cpa, con sede a L'Aja in Olanda), il governo vietnamita rivendica tre punti di fondo: il tribunale ha giurisdizione per il ricorso già presentato dalle Filippine, in contrasto con la posizione della Cina; si chiede al tribunale stesso di tenere "in debito conto" i diritti del Vietnam su Spratleys e Paracels; infine, si respinge con forza la cosiddetta "lingua di bue", usata da Pechino per marcare vaste porzioni del mar Cinese meridionale. Essa non avrebbe "alcuna base legale".
In una nota rilanciata dall'agenzia di stampa ufficiale Xinhua, Hong Lei sottolinea che "la Cina invita il Vietnam a rispettare la sovranità territoriale e i diritti marittimi" e di "mantenere la pace e la stabilità nel mar Cinese meridionale". Intanto Pechino ribadisce ancora una volta il proprio netto rifiuto a partecipare ad arbitrati da parte del tribunale internazionale Onu, che "non ha alcuna giurisdizione in merito alle dispute territoriali tra nazioni".
Da tempo Vietnam e Filippine - che per prima ha promosso una vertenza internazionale al tribunale Onu - manifestano crescente preoccupazione per "l'imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale. Il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende la sovranità delle Spratly e delle isole Paracel, isole contese da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'85% dei territori).
A sostenere le rivendicazioni dei Paesi del Sud-est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che a più riprese hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue", usata da Pechino per marcare il territorio, fino a comprenderne quasi l'80% dei 3,5 milioni di kmq.
L'egemonia riveste un carattere strategico per lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un'area dell'Asia-Pacifico di elevato interesse; in questo settore transitano infatti i dei due terzi dei commerci marittimi mondiali ed è fra i punti più caldi a livello geopolitico, possibile fattore di innesco di una nuova guerra planetaria.
05/01/2016