Manipur, leader religiosi pregano insieme per la fine della pandemia
Al Forte di Imphal un'iniziativa comune di cristiani, indù e musulmani promossa dal governo locale. Per il primo giorno dopo due mesi oggi nel Paese registrati meno di 100mila nuovi contagi. Continua la mobilitazione delle strutture cattoliche: all'università dei gesuiti di Calcutta 40 letti per gli ammalati della zona.
Imphal (AsiaNews) - Esponenti di religioni diverse in preghiera insieme per la fine della pandemia: l'iniziativa interreligiosa - promossa dal capo del governo dello Stato indiano di Manipur, Biren Singh - è stata presieduta ieri dall'arcivescovo di Imphal, mons. Dominic Lumon. Manipur è un piccolo Stato dell'India orientale con una popolazione di 2,85 milioni di abitanti, in gran parte appartenenti a gruppi tribali. La maggioranza sono indù, ma la seconda comunità religiosa sono i cristiani che formano il 41% della popolazione. I cattolici sono 98mila.
Il raduno interreligiso si è tenuto alla Porta occidentale del Forte di Kangla a Imphal. “Ho provato immenso piacere - ha commentato il capo del governo Singh - nel vedere i leader religiosi di tutte le comunità pregare insieme. Ciascuno ha chiesto l'intervento divino per alleviare le sofferenze della pandemia”. A oggi nello Stato di Manipur vi sono stati 881 morti e il numero dei casi attivi ha superato quota 9mila, con un tasso di positività che resta sopra all'8%, più alto cioè dell'attuale media nazionale.
L'arcivescovo ha ringraziato il capo del governo per aver promosso l'iniziativa: “Continuiamo a estendere il nostro sostegno per aiutare l'amministrazione nella lotta collettiva contro il virus”, ha aggiunto mons. Lumon. Insieme all'arcivescovo cattolico erano presenti leader spirituali dello Shree Govindaji Temple, dell'All Manipur Christian Organization, della Jamiat-Ul-Ulema, del Lainingthou Sanamahi Temple, del Tingko Ragwang Chaprik, del Giani Gurudwara Prabandahak Committee, del Shree Digambar Jain Samaj e del Kabui Poupei Chapriak.
Intanto per la prima volta da due mesi oggi l'India ha fatto registrare un numero di nuovi casi inferiore a quota 100mila: nelle ultime 24 ore i positivi al Covid-19 sono stati 86.498, mentre le vittime sono state 2,123 che hanno fatto salire il computo generale da inizio pandemia a quota 351,309.
In una situazione sanitaria che resta comunque seria, continua la mobilitazione delle strutture cattoliche per l'emergenza: anche la St. Xavier’s University di Calcutta, l'ateneo dei gesuiti, ha allestito dei centri di assistenza con dottori, infermieri, posti letto e ossigeno per i pazienti a cui gli ospedali non riescono a dare risposta. Padre J. Felix Raj, vice cancelliere dell'università, racconta ad AsiaNews: “Non potevamo rimanere indifferenti di fronte a quanto stava avvenendo intorno a noi: così abbiamo cercato di dare una risposta”.
All'interno di strutture dell'università e con l'aiuto di un ospedale locale e del governo, sono stati allestiti 40 letti attrezzati con l'ossigeno e l'ausilio di personale medico e paramedico. Una parte della biblioteca Arrupe e del campus universitario sono stati trasformati in un centro di isolamento per i malati di coronavirus del quartiere. Questa iniziativa di un'università cattolica ha ispirato anche altre istituzioni per aprire le loro comunità come centri per l'isolamento dei pazienti. Ad esempio, su richiesta del governo del West Bengal e in collaborazione con la St Xavier's University, la diocesi di Asansol ha avviato altri tre centri. “Il Chetana Ashram a Burdwan ha 30 posti letto in sette stanze, ad Asansol la St Joseph’s School ha 60 letti in otto classi e la Loreto School ha altri 50 letti per le donne ammalate”, racconta padre Felix Raj. Le strutture sono attive già da più di un mese: i pazienti rimangono in media dieci giorni e tutti i servizi vengono offerti gratuitamente.