21/09/2022, 12.54
FILIPPINE
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Manila: a 50 anni dalla legge marziale Marcos Jr. parla alle Nazioni Unite

Durante l'Assemblea generale dell'Onu il presidente filippino ha parlato del rispetto del diritto internazionale, mentre gli attivisti chiedevano di ricordare il periodo della dittatura. La disinformazione dilaga sui social, ma secondo Amnesty International nei nove anni di regime militare sono state incarcerate almeno 70mila persone. L'arcivescovo di Manila: "Non dimentichiamo i giorni bui"

Manila (AsiaNews/Agenzie) - A 50 anni dall’imposizione della legge marziale e 36 anni dopo la cacciata del padre-dittatore dalle Filippine, Ferdinand Marcos Jr. ha fatto il suo primo discorso al quartier generale delle Nazioni Unite a New York. Mentre gli attivisti locali manifestavano contro gli abusi documentati da Amnesty International già negli anni ‘70, ieri Marcos figlio ha pronunciato un discorso all’Assemblea generale dell’Onu in cui ha ricordato i contributi delle proprio Paese alla “prevedibilità e stabilità del diritto internazionale” e ha lodato la “Convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare”, un chiaro riferimento alla controversia con Pechino sul controllo del Mar Cinese meridionale.  

Il presidente filippino ha anche invitato i Paesi industrializzati a correggere le "ingiustizie storiche" nell'affrontare il cambiamento climatico, definito come "la più grande minaccia che colpisce le nazioni e i popoli". In riferimento alla guerra in Ucraina ha fatto eco agli appelli di riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Ma se a livello internazionale si sprecano gli elogi allo Stato di diritto e ai “principi di equità e giustizia”, non è così sul piano interno: sono ancora decine di migliaia i familiari delle vittime torturate, incarcerate, uccise o scomparse durante la legge marziale che non hanno ricevuto un risarcimento. I rapporti di Amnesty parlano di 3.275 uccisioni extragiudiziali, 35mila persone torturate e almeno 70mila persone detenute tra il 1972 e il 1981.

Tuttavia la disinformazione riguardo alla dittatura - che quest’anno durante il periodo elettorale era stata dipinta come “un’età dell’oro” - continua a dilagare sui social filippini. Nei giorni scorsi svariati account hanno diffuso su TikTok e Facebook video che riprendono i discorsi di Marcos padre rilasciati ai media internazionali nel 1982: il dittatore sosteneva che gli esperti del gruppo per i diritti umani non avessero mai visitato le Filippine e le loro indagini si basassero sul “sentito dire”. In realtà lo stesso Marcos in un’intervista con Amnesty nel 1975 aveva dichiarato di aver incarcerato 50mila oppositori politici, tra cui religiosi, attivisti, avvocati e giornalisti.

La legge marziale, imposta per contrastare “l’insurrezione comunista e musulmana”, secondo la famiglia Marcos, è stata revocata nel 1982. La dittatura è crollata solo cinque anni più tardi grazie alle rivolte popolari pro-democrazia.

"I Marcos devono almeno riconoscere il loro ruolo in quei giorni bui", ha affermato Carlos Conde, ricercatore di Human Rights Watch. "Se non viene detta le verità e senza uno spazio  per capire e accettare quello che è successo durante la legge marziale, non potremo mai andare avanti". Solo poco più di 11mila persone sono state riconosciute come vittime ufficiali del regime, mentre diversi politici al tempo coinvolti con la repressione dell'opposizione continuano ad avere legami con l’attuale governo.

“Non dimentichiamo le lezioni della legge marziale. Abbiamo già visto la luce. Non torniamo nelle tenebre”, ha dichiarato oggi il cardinale Jose Advincula, arcivescovo di Manila. “Abbiamo imparato che il vero sviluppo si basa sulla giustizia e sulla pace. Abbiamo imparato a combattere per la verità. Abbiamo imparato il valore della democrazia e il potere del popolo. Ma non impareremo mai davvero queste preziose lezioni se dimentichiamo o insistiamo a non riconoscere l'oscurità della storia”, ha aggiunto il porporato.

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