18/10/2019, 08.45
LIBANO
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Manifestazioni e scontri nel Paese. Cristiani e musulmani chiedono le dimissioni del governo

di Pierre Balanian

Una tassa sui messaggi di Whatsapp e Facebook è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Manifestazioni a Beirut, Nabatiyeh, Dawra, Jal el-Dib, Antelias e Jiye sullo stile della Primavera araba. Chiuse scuole e università. Un movimento trasversale, che raccoglie tutte le confessioni e i partiti. “Basta con la Repubblica feudale fatta di capi che pensano solo ad arricchirsi!”.

Beirut (AsiaNews) - Una proposta di legge da parte di Mahmud Shukeir, ministro delle telecomunicazioni, di imporre sei dollari mensili per chiunque utilizzi Whatsapp o Facebook,  è diventata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In poche ore l’ira della gente è sfociata in manifestazioni spontanee con persone di tutte le età e confessioni.  Nelle prime ore della serata di ieri, il centro della capitale è stato invaso da un gruppo di manifestanti che a partire delle ore 21 è via via cresciuto fino a trasformarsi in una marea incontenibile. Intorno a mezzanotte, le manifestazioni spontanee si sono allargate a macchia d’olio in altre zone del Paese, da Nabatiyeh nell’estremo sud, alle zone limitrofe a Beirut come Dawra, Jal el-Dib, Antelias e Jiye. Alle ore 00.45 il ministro dell’educazione  ha annunciato la chiusura di scuole ed università per oggi a causa della chiusura delle strade da parte dei manifestanti. Da Nabatiyeh è arrivata la notizia  dell’attacco da parte dei manifestanti della casa del deputato Hani Kbeissi. Un altro gruppo di manifestanti  ha tentato un’irruzione per occupare il palazzo del Presidente del consiglio a Beirut.

Da mesi i libanesi sono scontenti del carovita, dell’aumento delle tasse, della disoccupazione. I quindici giorni passati sono stati particolarmente pesanti. Tutto ha avuto inizio con l’aumento improvviso del cambio della lira libanese nei confronti del dollaro Usa. La moneta verde cambiata ormai da decenni  con un dollaro contro 1500 lire libanesi, è inspiegabilmente arrivata alla soglia di 1510 nel cambio ufficiale e 1640 nel mercato nero e negli uffici di cambio. I contanti in moneta statunitense sono quasi scomparsi e le banche hanno rifiutato di consegnare moneta in dollari. Il motivo di questa crisi del dollaro non è mai stata rivelata. Voci di corridoio suggeriscono che la causa siano sanzioni americane contro alcune banche e contro Hezbollah, mentre altre voci parlano di un contabbando di dollari trasportati e venduti in Siria. L’innalzamento del cambio della lira con il dollaro ha incrementato i prezzi al consumo di tutti gli alimenti che  nel Paese dei cedri  sono da anni stabiliti in base alla moneta Usa. Sigarette,  farina, pane, benzina: tutto è cresciuto in modo vertiginoso.

Ad accrescere lo sdegno dei libanesi vi sono anche gli incendi divampati per due giorni di seguito in Libano (e anche in Siria). In Libano essi sono stati domati solo grazie a una pioggia provvidenziale, ma hanno evidenziato le lacune del Paese per quanto riguarda la lotta contro le catastrofi naturali. E’ emerso che non esiste una vera e propria Protezione civile, che il governo per motivi confessionali rifiuta da anni di creare e rafforzare. Esistono due Protezioni civili una sotto la guida del ministero degli Interni e l’altra sotto il palazzo del Premier, ma ambedue sono senza mezzi, né budget. Gli incendi che hanno ridotto in cenere migliaia di ettari di verde hanno dimostrato che gli aerei anti-incendio, acquistati con spese milionarie,  erano inefficaci e vetusti, inutilizzabili. Per lottare contro gli incendi, il governo ha dovuto chiedere aiuto a Cipro, che ha inviato due Canadair.

Ovunque il popolo chiede all’unisono le dimissioni del governo, di tutti i politici, senza eccezione. Su questo sono uniti musulmani sciiti, sunniti, drusi, e cristiani maroniti, melkiti, armeni, vecchi e giovani. Alcuni giovani dichiarano: “Siamo schifati, disoccupati, senza speranze, ci rubano, aumentano le tasse senza offrire ai cittadini alcun servizio sociale, né cure mediche, o istruzione, o pensioni sociali. Ci stanno affamando: se ne devono andare. Basta con la Repubblica feudale fatta di capi che pensano solo ad arricchirsi!”.

Ieri alle 22.30 il ministro delle Comunicazioni ha annunciato il ritiro della proposta di imporre una tassa su Whatsapp e Facebook, ma ormai la gente in piazza ha deciso di manifestare ad oltranza fino alla partenza di tutta la classe politica che essi considerano corrotta ed impunita da parte del sistema giudiziario.

In mezzo ai manifestanti, per la prima volta erano presenti anche dei religiosi. Un imam sciita a Beirut ha dichiarato ad AsiaNews di essere sceso in piazza a titolo privato ,‘’contro l’ingiustizia che subisce il popolo e contro il latrocinio dei governanti’. A Jal el Dib un prete maronita - anche lui venuto a titolo privato - ha parlato di “diritti degli esseri umani ad avere una vita buona e dignitosa’’. Un famoso presentatore televisivo, Nishan, è stato visto nelle manifestazioni e ha invitato cantanti ed attori a di scendere in piazza e unirsi al popolo in questo momento storico.

Lo spavento dei politici è forte: per la prima volta emerge un movimento unitario libanese, libero dalle appartenenze religiose, confessionali e partitiche. Fonti di Mokhtara (nello Chouf druso) hanno rivelato ad AsiaNews che il segretario del partito socialista progressista Walid Jumblat ha telefonato ieri sera al premier Saad Al Hariri, proponendogli di dimettersi insieme a lui.

Le strade sono state chiuse da manifestanti che hanno incendiato gomme e promesso di non ritirarsi dale piazza fino a quando il governo non cadrà. ‘’Non abbiamo lavoro – dicono - non abbiamo nulla da fare: resteremo in piazza fino alla caduta del regime’’: definiscono il governo come “regime”, usando le parole della Primavera araba. La parola d’ordine è “Sawra (Rivoluzione)” e man mano che passavano le ore la gente aumentava. Alle 2 di notte le forze dell’ordine hanno attaccato i manifestanti cercando di disperderli Negli anni passati, non appena le forze dell’ordine attaccavano i manifestanti con cannoni ad acqua o pallottole di gomma, la gente si disperdeva e le manifestazioni finivano.  Questa volta la gente resiste e non si disperde, decisa a restare in piazza fino alla  fino alla caduta del governo.

Incendi e danni alle strutture si registrano nel centro di Beirut. La gente distrugge esprimendo ira ed intolleranza, decisa a non subire, né sopportare: “Sono loro che ci hanno portato a questo. Noi stiamo soffrendo; siamo affamati e poveri!’’ gridano.     

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