Maguindanao, caccia all’uomo per disarmare 3000 affiliati al clan Ampatuan
di Santosh Digal
Contro gli autori dei massacri l’accusa di “insurrezione armata”. Una scelta criticata da attivisti per i diritti umani perché apre le porte a una possibile grazia del Capo dello Stato. L’appello della Chiesa cattolica al disarmo di tutte le milizie, per la pace e la sicurezza.
Manila (AsiaNews) – L’esercito filippino ha avviato una caccia all’uomo per catturare circa 3 mila guerriglieri fedeli al clan Ampatuan, responsabile del massacro del 23 novembre scorso nella provincia meridionale di Maguindanao. I vertici della Chiesa cattolica sostengono la “campagna di disarmo” di tutti i gruppi armati della zona, riforme strutturali ed economiche, il lavoro di organizzazioni che promuovono “pace e sicurezza” nella zona.
Dal 5 dicembre Maguindanao è sotto la legge marziale, imposta da Manila dopo l’assassinio di 57 persone fra cui giornalisti, parenti e sostenitori di Ishmael “Toto” Mangudadatu, vice-sindaco di Buluan e candidato alla carica di governatore. All’origine della strage una lotta di potere fra clan rivali – gli Ampatuan e i Mangudadatu – in vista delle elezioni provinciali del 2010.
L’esercito ha stretto un cordone di sicurezza attorno la provincia, sequestrando armi illegali (oltre 800 e 430 mila proiettili) e arrestando dozzine di sospetti. Fonti locali non confermate riferiscono che ieri vi sono stati “scontri a fuoco fra i militari e le milizie ribelli”, ma finora non si hanno notizie di feriti.
Alti ufficiali dell’esercito parlano di una popolazione locale “ancora impaurita” per possibili attacchi di affiliati al clan degli Ampatuan. Contro i presunti autori della strage del 23 novembre, sostenitori politici della presidente filippina Gloria Arroyo, i pubblici ministeri hanno aperto un’inchiesta per “insurrezione armata” e omicidio. Una scelta criticata da attivisti per i diritti umani, perché riveste il massacro di una “patina politica” e apre le porte a un possibile – in futuro – rilascio su cauzione o la grazia del Capo dello Stato.
La Chiesa filippina, intanto, sostiene il “disarmo di tutte le bande della provincia di Maguindanao”, la confisca degli armamenti e il lavoro volto a riportare “pace e sicurezza” nella provincia. È quanto sottolinea mons. Orlando B. Quevedo, arcivescovo di Cotabato, che conferma l’importanza degli arresti e il lavoro degli inquirenti per colpire i responsabili dei massacri.
Il prelato auspica processi “veloci e giusti” di quanti sono implicati nelle violenze. “Preghiamo – continua – per il ritorno di uno stato di diritto nella zona. Preghiamo anche per tutte le persone di Maguindanao, siano essi cristiani, musulmani, lumads (gruppi indigeni, ndr), buddisti e seguaci di Confucio, perché possano vivere in pace, come fratelli e sorelle”.
Sonny Fernandez, membro del sindacato dei giornalisti filippini, ha annunciato l’adesione alla Giornata internazionale contro l’impunità, in programma il 9 dicembre prossimo. Alla manifestazione parteciperanno esponenti dell’informazione, studenti, scrittori, sindacalisti e attivisti per i diritti umani.
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