L’ombra di Pechino sul colpo di Stato in Zimbabwe
Il capo di Stato dello Zimbabwe era in visita in Cina poche ore prima del colpo di Stato. La Cina è il primo partner economico del Paese africano. I rapporti risalgono agli anni ’60. La mala gestione economica dietro le tensioni fra i due Paesi, e la nazionalizzazione delle miniere di diamanti. Il vice-presidente visto di buon occhio da Pechino.
Harare (AsiaNews/Agenzie) – Nelle 48 ore che hanno preceduto il colpo di Stato che ha deposto il “vecchio leone” dello Zimbabwe, Robert Mugabe, il capo di Stato Constantino Chiwenga era a Pechino, per incontrare alcuni militari, fra cui due di alto grado e il ministro della difesa Chang Wanquan (v. foto). Uno “scambio militare normale”, a quanto riferisce il ministro cinese degli esteri, Geng Shuang. Ma le tempistiche sollevano quanto meno domande sulla posizione del gigante asiatico nella transizione in corso in Zimbabwe, di cui la Cina è primo partner economico.
Dal 15 novembre, in Zimbabwe è in corso un colpo di Stato da parte delle forze militari contro il presidente Mugabe, al potere dall’indipendenza nel 1980. Salito al governo con le elezioni, da 15 anni la sua amministrazione si è tinta di violenza contro le opposizioni, a cui si aggiunge una grave crisi economica: rispetto al 1980 la popolazione zimbabwiana è più povera in media del 15%. A scatenare la crisi politica è stato il tentativo di Mugabe di scegliere la moglie come suo successore.
La Cina abbandona non solo Mugabe, lo storico partner, colpevole di manovre economiche che hanno scatenato il malcontento cinese, ma anche la propria politica di non ingerenza negli affari interni dei Paesi con cui è partner. John Everard, ex-ambasciatore del Regno Unito in Corea del Nord e sinologo, è convinto che “senza dubbio” Pechino abbia giocato in questo colpo di Stato “un ruolo simile a quello della Cia negli anni ‘70”. Se così fosse, sarebbe una svolta radicale rispetto alla tradizionale politica estera cinese. Pechino spera in una transizione del potere pacifica per tutelare i propri interessi, mantenendo continuità negli affari fra i Paesi.
Di certo, è cambiata la posizione della Cina nei confronti del “vecchio leone”. Sebbene non vi siano commenti ufficiali di governo, la posizione cinese è stata espressa in maniera chiara dal Global Times, portavoce ufficiale del Partito comunista. Secondo un articolo di Wang Hongyi del 16 novembre, la gestione del governo Mugabe ha causato numerose perdite alla Cina e “un cambio di governo sarà di beneficio” a entrambi i Paesi.
I rapporti fra Cina e Mugabe risalgono agli anni 60’, quando il Paese asiatico sostenne i guerriglieri dell’ala militare del gruppo Zanu, in lotta per la liberazione del Paese, al tempo governato dalla minoranza bianca. I due Paesi hanno stabilito rapporti diplomatici ufficiali dopo l’indipendenza nel 1980, sancita poi da una visita di Mugabe a Pechino l’anno successivo. Un punto cardine dei loro rapporti è stato il 2001, quando le sanzioni imposte dall’Occidente per via delle violazioni dei diritti umani e per il sequestro di terreni aveva isolato lo Zimbabwe. Al tempo, Mugabe avviò la strategia “guardando a Oriente”. È divenuta la celebre frase: “Abbiamo svoltato a Oriente, dove il sole sorge, e abbiamo dato le spalle all’Occidente, dove il sole tramonta”.
Derek Matyszak, ricercatore di alto livello presso l’Istituto per i studi di sicurezza di Harere, commenta che i rapporti fra la Cina e Mugabe sono stati difficili per più di un anno e mezzo, perché la Cina non è contenta della mal gestione dell’economia di Mugabe, favorendogli il successore Mnangagwa, visto come un “pragmatista economico”. Inoltre, a provocare tensioni fra i due storici partner è stata l’improvvisa mossa di Mugabe di nazionalizzare le miniere di diamanti, lo scorso anno.