L’idolatria nei confronti di “Xi il Grande” non dissipa le ombre sul viaggio negli Usa
Hong Kong (AsiaNews) – Nonostante la mancanza di risultati concreti durante il suo summit con la controparte americana Barack Obama, il presidente cinese Xi Jinping ha raggiunto un obiettivo più importante per il pubblico interno: ha puntellato la sua immagine di statista. In un periodo in cui il cinese ordinario è sulle spine per un possibile calo del Prodotto interno lordo nazionale – e inizia a farsi delle domande sulle capacità di gestione dell’economia del team di Xi – il leader della Quinta Generazione [dopo Mao Zedong, Deng Xiaoping, Jiang Zemin e Hu Jintao ndt] sembra pronto a spostare l’attenzione del proprio disincantato pubblico verso l’arena della politica estera. E mentre i media americani si pongono dei dubbi sui risultati del summit Xi-Obama, il quotidiano ufficiale del Partito comunista – così come gli esperti vicini al governo – forniscono resoconti affettuosi del primo viaggio ufficiale di Xi negli Stati Uniti.
La costruzione dell’immagine di Xi come statista carismatico in giro per il globo è iniziata addirittura prima di partire da Pechino. Una striscia speciale di fumetti pubblicata dalla Xinhua ha esultato per tutto il viaggio, usando un diminutivo popolare fornito dai cyber-utenti cinesi: “Xi Dada [“Xi il Grande ndt] è potente e possente – recita la striscia – sei l’orgoglio e la speranza del popolo cinese. Vai, Xi Dada!” [South China Morning Post, 26 settembre; Xinhua, 22 settembre].
Dopo l’incontro del 25 settembre, la Xinhua e la Cctv hanno scritto che i presidenti cinese e americano hanno raggiunto “una serie di risultati importanti”. Un editoriale della Xinhua dichiara che “il viaggio di Xi negli Usa apre una nuova era di cooperazione che beneficia entrambi i Paesi”. Citando funzionari del ministero cinese degli Esteri, la Xinhua aggiunge che entrambi i leader “si sono accordati per continuare nell’impegno di costruire un nuovo modello di relazioni fra grandi nazioni, fra la Cina e gli Stati Uniti”. I comunicati emessi dal governo degli Stati uniti, tuttavia, non fanno riferimento a queste frasi.
In un altro articolo della Xinhua intitolato “L’Asia-Pacifico non è il ring del wrestling per Cina e Stati Uniti”, i commentatori Sun Rujun e Wang Haiqing sostengono che “l’ultimo accordo fra Xi e Obama, teso ad approfondire i dialoghi sulle questioni dell’Asia-Pacifico, è incoraggiante”. Il vice presidente del Foreign Policy Institute di Pechino, Wang Fan, si dice ottimista sulla questione della “transizione egemonica”, un riferimento alla competizione fra l’unica super-potenza mondiale e la semi-super-potenza in rapida crescita. Egli ha sottolineato che alla luce delle dichiarazioni di Xi sulla Cina che “non sfiderà l’attuale ordine internazionale, lo xinjie [confronto psicologico ndt] fra Cina e Stati Uniti si è di fatto dissolto”. Wang ha aggiunto che entrambi i lati “hanno raggiunto un livello di interessi comuni relativamente alto”, almeno sugli interessi reciproci e sulle responsabilità riguardo la comunità internazionale [Cntv.cn, Xinhua, Shanghaidaily.com e Ming Pao del 26 settembre].
Se si guarda più da vicino, tuttavia, sia la Cina che gli Stati Uniti non hanno raggiunto in pieno una comunanza di pensiero su questioni come il cyber-spionaggio e la tensione nel Mar Cinese meridionale. Xinhua cita il presidente Xi quando dice che entrambi le nazioni “hanno raggiunto un consenso importante sulla lotta congiunta al cyber-crimine”. Xi ha dichiarato durante la conferenza stampa congiunta con Obama che entrambi i governi “sono d’accordo nel fornire assistenza alle indagini e condividere le informazioni sui casi di crimini telematici”.
Eppure, secondo il documento comune firmato dai due capi di Stato, il cosiddetto consenso è limitato al cyber-spionaggio contro le grandi industrie. Il documento sottolinea che entrambi gli Stati “si accordano sul non sostenere in maniera volontaria e non portare avanti furti di proprietà intellettuali, inclusi segreti commerciali o altre informazioni confidenziali, con l’intento di fornire vantaggi competitivi a industrie o settori commerciali”. Non si fa alcun accenno alla questione, molto più seria, dell’hackeraggio compiuto da agenzie militari o governative [Xinhua e Whitehouse.gov, 25 settembre].
Nella sua conferenza stampa con Xi, Obama ha espresso in maniera indiretta dubbi sul fatto che il governo cinese possa o sia in grado di fermare i furti compiuti per via telematica ai danni dei segreti tecnologici o commerciali degli americani. Dice Obama: “La questione ora è capire se alle parole seguiranno i fatti”, aggiungendo che il governo americano è pronto a imporre sanzioni su singoli o compagnie cinesi che compiono crimini di questo tipo. Mentre Xi annunciava durante la grande parata militare di Pechino del 3 settembre 2015 che l’esercito nazionale è pronto a smobilitare 300mila effettivi, molti articoli sostengono che la divisione per la guerra cibernetica dello stesso esercito crescerà sia dal punto di vista delle risorse che della forza numerica [Hong Kong Economic Journal, 11 settembre; The Diplomat, 3 aprile].
Entrambi i lati sembrano essere d’accordo sul fatto di essere in disaccordo riguardo alle proiezioni di Pechino nel Mar Cinese meridionale, e in particolare sulla disputa territoriale che riguarda divere isolette nella catena delle Spratly. Dopo l’incontro, Obama ha dichiarato che gli Stati Uniti “continueranno a navigare, volare e operare ovunque il diritto internazionale lo consente”. Questo è un riferimento alla sorveglianza aerea e navale delle aree nei pressi delle isolette contese. “Ho espresso al presidente Xi le nostre significative preoccupazioni sul tentativo di reclamare queste terre, sulla costruzione e sulla militarizzazione dell’area contesa, che rende più difficile alle nazioni della regione il risolvere in maniera pacifica i punti su cui sono in disaccordo”.
Xi ha risposto ai reclami di Obama riaffermando il “diritto cinese a mantenere intatta la nostra sovranità territoriale”. Usando il nome cinese “Nansha” per riferirsi alle Spratlys, il leader cinese ha dichiarato che “le rilevanti attività di costruzione in corso nelle isole Nansha non mirano a colpire né colpiscono alcuna nazione, e la Cina non intende portare avanti una militarizzazione dell’area” [Cnr.cn e Phoenix Tv, 26 settembre].
La posizione della Cina sul Mar Cinese meridionale sembra essersi rafforzata. In un incontro con i rappresentanti dell’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (Asean), che si è svolta a Kuala Lumpur nell’agosto 2015, il ministro cinese degli Esteri Wang Yi ha fatto notare che i cinesi hanno fermato le attività sulle Spratlys per facilitare i negoziati su un Codice di Condotta con gli altri Stati che reclamano le isolette. Tuttavia, le immagini satellitari dell’area indicano che le autorità cinesi hanno continuato i propri lavori, probabilmente con lo scopo di costruire almeno tre piste di atterraggio che potrebbero ospitare diversi tipi di jet da combattimento [Jakarta Post, 16 settembre; Reuters, 5 agosto].
Mettendo da parte le differenze sostanziali sulle questioni geopolitiche, gli Stati Uniti e la Cina non sono riusciti a stilare un trattato di investimenti bilaterali. Nonostante questo, la visita di Xi a Washington – oltre alla conferenza di Seattle con i vertici delle maggiori compagnie americane – hanno provveduto una piattaforma al presidente cinese, dalla quale ha potuto riassicurare il mondo occidentale sul fatto che l’economia cinese è ancora in una forma ragionevolmente buona.
“Stiamo portando avanti degli sforzi per cambiare il nostro modello di crescita, attuare aggiustamenti strutturali e porre maggiore enfasi sullo sviluppo, sull’innovazione e su un’economia guidata dal consumo” ha detto Xi ai leader industriali riuniti a Seattle [Xinhua, 24 settembre]. Pechino si è affidata a una serie di decreti esecutivi per risolvere la crisi delle Borse di luglio e agosto, facendo pensare che la liberalizzazione orientata al mercato sia stata scartata [v. China Brief del 17 luglio].
Xi ha invece ripetuto che la riforma economica è in pista: “Il mercato azionario cinese ha raggiunto la fase dell’auto-aggiustamento e dell’auto-bilanciamento”. E ha aggiunto che il governo cinese ha completato “80 obiettivi principali di riforma” lo scorso anno, mentre “altri 70 programmi chiave” sono stati aggiunti nei primi mesi di quest’anno. Tuttavia Xi, che guida il Gruppo centrale per le finanze e l’economia del Partito comunista cinese (il più importante corpo decisionale del Paese riguardo l’economia), non ha specificato di che riforme stesse parlando [Cntv.cn 27 settembre; Xinhua, 24 settembre].
Il presidente cinese ha anche voluto dimostrare il ruolo della Cina come attore responsabile sul palcoscenico internazionale, annunciando diversi atti di generosità. Sulla questione del cambiamento climatico, il team di Xi a detto che la Cina lancerà nel 2017 un sistema di tagli alle emissioni per ridurre la dipendenza dal carbon fossile. Pechino ha anche annunciato una donazione da 3 miliardi di dollari americani a nazioni povere, per aiutarle a sviluppare tecnologie in grado di tagliare le emissioni e affrontare i problemi relativi al cambiamento climatico.
Zhang Haibin, docente alla Beijing University, ha dichiarato che la magnanimità di Xi aiuterà a migliorare lo status globale della Cina. Zhang sostiene che “offrire una somma così grande per il cambiamento climatico è una mossa che guida l’attenzione su un argomento di cui tutto il mondo parla, e che quindi produrrà benefici” [People’s Daiy Online, 26 settembre; South China Morning Post, 26 settembre]. Parlando alle Nazioni Unite dopo il suo tour americano, Xi ha promesso 2 miliardi di dollari per “la cooperazione Sud-Sud”, principalmente per aiutare le nazioni in via di sviluppo in aree che includono agricoltura, welfare sociale e sviluppo sostenibile. Il leader cinese ha anche donato 10 milioni di dollari ai progetti Onu per l’istruzione, l’avviamento al lavoro e la salute delle donne [Cctv News, 27 settembre; VoA, 26 settembre].
Se vi siano state grandi delusioni per Xi durante il viaggio americano, le ricadute non sono apparse sui media occidentale, per non parlare di quelli cinesi. La delegazione non è riuscita a convincere gli Stati Uniti a rimpatriare una serie di fuggitivi, in particolare Ling Wancheng, l’uomo più ricercato della Cina. Ling è il fratello minore di Ling Jihua, arrestato nel luglio 2015 per presunti crimini fra cui corruzione e abuso di ufficio. Ex direttore dell’Ufficio generale della Commissione centrale del Partito comunista cinese, Ling è stato il braccio destro dell’ex presidente Hu Jintao. Si ritiene che il fratello minore sia in possesso di una serie di documenti riservati che, se resi pubblici, potrebbero imbarazzare il presidente Xi e altri leader comunisti [People’s Daily Online e News.youth.cn, 5 agosto; Ming Pao, 23 luglio].
Mentre il comunicato congiunto di Xi e Obama cita una migliore cooperazione nell’ambito dell’applicazione della legge e nelle operazioni anti-corruzione, è evidente che Washington sia molto meno vicina nel campo dei casi politicamente sensibili. E questo nonostante il fatto che gli Stati Uniti, in un apparente gesto di buona volontà, abbiano approvato a metà settembre il rimpatrio del banchiere-truffatore Kuang Wanfang e dell’industriale corrotto Yang Jinjun, entrambi in fuga negli Stati Uniti dal 2001 [China News Service, 25 settembre; Central Commission for Disciplinary Inspection Website, 19 settembre].
Anche se ha sparso magnificenze sulla campagna della sua amministrazione contro “le mosche e le tigri” della corruzione, Xi ha chiarito al suo pubblico americano che la campagna anti-tangenti non ha nulla a che fare con la lotta per il potere all’interno del Partito: “Non esiste una ‘House of Cards’ in Cina”. La vendetta di Xi nei confronti di Ling, tuttavia, ha molto a che fare con la connessione fra quest’ultimo e l’ex membro della Commissione permanente del Politburo Zhou Yongkang, poi caduto in disgrazia: egli era uno dei rivali più agguerriti di Xi Jinping.
Significativo allo stesso modo è il ruolo di collegamento svolto da Ling all’interno della Lega dei giovani comunisti, guidata dall’ex presidente Hu, ancora oggi una delle maggiori fazioni all’interno del Partito. L’incriminazione di Ling da parte di Xi è vista come un mezzo per intimidire altri leader della Lega [Radio Free Asia, 1 settembre; Wen Wei Po, 31 luglio]. Il fatto che la leadership di Xi stia bruciando tutti gli stop per arrestare Ling Wancheng – e neutralizzare il fascio di “segreti di Stato” in suo possesso – ha messo in forte rilievo le profonde contraddizioni della politica cinese.
E nonostante l'apparente successo di Xi nel deviare temporaneamente l'attenzione dei suoi connazionali scontenti verso i suoi atti da presunto statista negli Stati Uniti e alle Nazioni Unite, la reputazione del presidente cinese, nonché del modello cinese, potrebbero rimanere mediocri.