L’esercito sfugge all’accusa di massacro contro i manifestanti copti
Lo sostiene un’indagine del Consiglio nazionale per i diritti umani egiziano da sempre vicino al governo. La responsabilità del massacro costato 28 morti e centinaia di feriti sarebbe di elementi terzi infiltratisi nella manifestazione organizzata dagli attivisti copti. Portavoce della chiesa cattolica egiziana: “una definizione per lavare le mani dei militari”.
Il Cairo (AsiaNews) – L’esercito egiziano non ha sparato contro i manifestanti copti durante gli scontri del 9 ottobre costati 28 morti. È quanto sostiene il Consiglio nazionale per i diritti umani egiziano (National Council for Human Rights, Nchr). In un rapporto, pubblicato oggi, esso libera da ogni responsabilità i militari, che non avrebbero aperto il fuoco sulla folla. Secondo l’indagine nessun proiettile trovato nella piazza antistante il palazzo della tv di Stato corrisponde alle armi in dotazione dei soldati. A sparare sui manifestanti e militari sarebbero stati invece gruppi esterni non ancora identificati infiltratisi nella manifestazione. Nel rapporto non si fa alcuna menzione delle persone deliberatamente investiti dai mezzi militari. Abu Saeda, uno dei responsabili dell’Nchr, sottolinea che a breve verrà organizzata una commissione di inchiesta indipendente per fare luce sui fatti.
“Hanno utilizzato la definizione parti terze, per lavare le mani dei militari”, afferma ad AsiaNews p. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, che sottolinea il solito riferimento a gruppi criminali legati al vecchio regime e a uomini d’affari contrari al potere dei militari. “La popolazione – continua – non è molto d’accordo con questo documento. L’impressione è che i militari non abbiano garantito la sicurezza dei manifestanti. Il sacerdote sottolinea che il problema rischia di passare sotto silenzio. Tutte le forze politiche sono impegnate per preparare le elezioni del 28 novembre e i militari desiderano mantenere un profilo autorevole e il consenso del Paese.
Per diversi attivisti, il rapporto ha molte lacune. Gamal Eid, direttore di Arab Network for Human Rights Information, spiega che “si sarebbero dovuti esaminare anche i proiettili trovati nei corpi degli uccisi, per poter comprendere quali armi sono state utilizzate, non solo i bossoli sul luogo della manifestazione. Egli fa notare che l’Nchr è da sempre vicino al governo, prima al regime di Mubarak e ora ai militari, la sua non è un’indagine attendibile. (S.C.)
“Hanno utilizzato la definizione parti terze, per lavare le mani dei militari”, afferma ad AsiaNews p. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, che sottolinea il solito riferimento a gruppi criminali legati al vecchio regime e a uomini d’affari contrari al potere dei militari. “La popolazione – continua – non è molto d’accordo con questo documento. L’impressione è che i militari non abbiano garantito la sicurezza dei manifestanti. Il sacerdote sottolinea che il problema rischia di passare sotto silenzio. Tutte le forze politiche sono impegnate per preparare le elezioni del 28 novembre e i militari desiderano mantenere un profilo autorevole e il consenso del Paese.
Per diversi attivisti, il rapporto ha molte lacune. Gamal Eid, direttore di Arab Network for Human Rights Information, spiega che “si sarebbero dovuti esaminare anche i proiettili trovati nei corpi degli uccisi, per poter comprendere quali armi sono state utilizzate, non solo i bossoli sul luogo della manifestazione. Egli fa notare che l’Nchr è da sempre vicino al governo, prima al regime di Mubarak e ora ai militari, la sua non è un’indagine attendibile. (S.C.)
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