L’esercito di Assad con i curdi per respingere l’offensiva turca. Cresce il pericolo Isis
Raggiunto un accordo fra i due rivali di un tempo, con la mediazione della Russia. L’obiettivo è “liberare tutte le città occupate” partendo da Afrin. Fuggiti 800 parenti di "foreign fighters" del “Califfato”. L’Isis dietro la morte di una celebre attivista curda. Gli Stati Uniti confermano il disimpegno ritirando gli ultimi mille soldati rimasti.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - I curdi siriani hanno raggiunto un accordo con l’esercito governativo di Bashar al-Assad, per arginare l’offensiva militare della Turchia iniziata la scorsa settimana e che ha già provocato centinaia di vittime, anche civili, e oltre 100mila sfollati. Una notizia confermata anche dai media governativi a Damasco, che parlano di uno spostamento delle truppe verso nord, mentre gli Stati Uniti sono pronti a ritirare anche gli ultimi mille soldati rimasti.
L’intesa fra curdi e siriani è frutto della mediazione del presidente russo Vladimir Putin, oggi in visita ufficiale in Arabia Saudita. Ieri all’Angelus papa Francesco ha lanciato un nuovo appello per la “martoriata Siria”, chiedendo di “impegnarsi con sincerità sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci”. In precedenza anche il Consiglio ecumenico delle Chiese aveva espresso una “ferma condanna” dell’offensiva turca.
Tornando all’accordo fra curdi e Damasco, l’esercito siriano verrà stanziato lungo tutto il confine con la Turchia. I militari di Assad assisteranno le Forze democratiche siriane (Sdf), alleanza arabo-curda protagonista della lotta contro lo Stato islamico (SI, ex Isis), nel contrastare “l’aggressione” e “liberare le aree in cui sono entrati l’esercito turco e i mercenari”. Il riferimento è agli alleati di Ankara, miliziani e gruppi combattenti alcuni dei quali legati al jihadismo (ex al Qaeda).
L’obiettivo dell’alleanza fra curdi ed esercito regolare siriano è di “liberare tutte le città occupate”, partendo da Afrin. Un accordo, sottolineano gli esperti, che segna una svolta nei rapporti fra i due fronti, divisi in passato quanto di curdi potevano contare sul sostegno degli Stati Uniti, oggi venuto a mancare dopo la decisione del presidente Trump di ritirare le truppe.
Al momento non si conoscono le richieste avanzate da Damasco per la finalizzazione dell’accordo. Tuttavia, il leader Sdf Mazioum Abdi riconosce che ci saranno “dolorosi compromessi” con Assad e l’alleato russo, ma “se dobbiamo scegliere tra i compromessi e il genocidio del nostro popolo, sceglieremo di sicuro la vita per la nostra gente”.
Ieri Erdogan aveva annunciato la riconquista di 109 kmq di territorio siriano, compresi 21 villaggi. Fra questi, la cittadina di confine di Ras al-Ain. Secondo la versione ufficiale, l’operazione di Ankara intende dar vita a una striscia di territorio sicuro oltreconfine e consentire il ritorno di parte dei 3,6 milioni di rifugiati siriani in Turchia, oltre a sventare la “minaccia” dalle milizie curde Ypg (alleate con il Pkk). In realtà il presidente turco teme la nascita di uno Stato curdo lungo la frontiera e fa di tutto per impedirne la realizzazione, sfruttando il pretesto del terrorismo.
Tra i motivi che hanno spinto il governo siriano (e l’alleato russo) a stringere un’alleanza con i curdi il pericolo crescente di un ritorno dello Stato islamico, che trae vantaggio dai combattimenti per liberare i propri uomini e ricostruire un nuovo apparato di stampo militare. Ieri fonti ufficiali curde hanno annunciato la fuga di circa 800 parenti di "foreign fighters" (combattenti stranieri) del sedicente “Califfato”, scappati dal campo di Ain Issa, nel nord.
Le Forze democratiche siriane detengono ad oggi oltre 12mila sospetti e miliziani dell’Isis in sette diverse prigioni. Di questi, almeno 4mila provengono dall’estero. Nei giorni scorsi i jihadisti hanno già sfruttato l’offensiva per lanciare riorganizzarsi e lanciare nuovi attacchi, come quello che ha portato all’uccisione dell’attivista curda Hevrin Khalaf, segretario generale del Partito Futuro siriano e una delle più note attiviste per i diritti delle donne nella regione. La donna si batteva per la coesistenza e il dialogo fra curdi, cristiani e arabi ed era apprezzata da tutte le comunità.
Un commando legato all’Isis avrebbe fermato il fuoristrada sul quale si trovava Khalaf, lungo l’autostrada M4 fra Manbij e Qamishli. I miliziani hanno fatto scendere l’attivista dal mezzo, per poi freddarla a colpi di mitragliatrice con una vera e propria esecuzione.
15/10/2019 09:14