L’economia non sia profitto ad ogni costo, ma cura del bene comune
Lo afferma il documento “‘Oeconomicae et pecuniariae quaestiones’. Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario” un documento della Congregazione per la dottrina della fede e del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Fenomeni come i “derivati” le “cartolarizzazioni”, i “credit default swap” o la finanza offshore appaiono facilmente contrari all’etica. Ma la crisi mondiale causata dai mutui subprime dell’estate del 2007 e i danni provocati a livello di persone, comunità e Stati da una gestione dell’economia che mira solo al profitto hanno evidenziato che l’economia, come ogni altro ambito umano “ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento; non di un'etica qualsiasi, bensì di un'etica amica della persona” e che “è ormai innegabile che le carenze etiche esacerbano le imperfezioni dei meccanismi del mercato”.
Parte da tale costatazione il documento “‘Oeconomicae et pecuniariae quaestiones’. Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario” della Congregazione per la dottrina della fede e del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, pubblicato oggi. “Lo scopo di queste Considerazioni - ha spiegato alla presentazione mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., prefetto della Congregazione per la dottrina della fede - è affermare con chiarezza che, all’origine del diffondersi di pratiche finanziarie disoneste e predatorie, vi sono anzitutto una miopia antropologica ed una progressiva crisi dell’umano che ne sono conseguite. L’uomo, oggi, non sapendo più chi è, e cosa ci sta a fare al mondo, non sa più nemmeno come agire bene, finendo per rimanere in balìa delle sue convenienze del momento e degli interessi che dominano il mercato”.
Il documento afferma in sostanza che “l’egoismo alla fine non paga” e bisogna ripensare “quei criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”, elaborando “nuove forme di economia e finanza, le cui prassi e regole siano rivolte al progresso del bene comune e rispettose della dignità umana”.
A tal fine, dato che siamo di fronte “al crescente e pervasivo potere di importanti agenti e grandi networks economico-finanziari, coloro che sarebbero deputati all’esercizio del potere politico, spesso disorientati e resi impotenti dalla sovranazionalità di quegli agenti e dalla volatilità dei capitali da questi gestiti, faticano nel rispondere alla loro originaria vocazione di servitori del bene comune, e accade anche che si trasformino in soggetti ancillari di interessi estranei a quel bene. Tutto ciò rende quanto mai urgente una rinnovata alleanza, fra agenti economici e politici, nella promozione di ciò che serve al compiuto sviluppo di ciascuna persona umana e della società tutta, coniugando nel contempo le esigenze della solidarietà con quelle della sussidiarietà (n. 12)”.
Restando all’interno del mondo economico, il documento nota poi che ormai “la rendita da capitale insidia ormai da vicino, e rischia di soppiantare, il reddito da lavoro, spesso confinato ai margini dei principali interessi del sistema economico. Ne consegue il fatto che il lavoro stesso, con la sua dignità, non solo divenga una realtà sempre più a rischio, ma perda altresì la sua qualifica di ‘bene’ per l’uomo, trasformandosi in un mero mezzo di scambio all’interno di relazioni sociali rese asimmetriche (n. 15)”.
Il rapporto “asimmetrico”, poi, favorisce l’intento speculativo che “rischia oggi di soppiantare tutti gli altri principali intenti che sostanziano l’umana libertà. Questo fatto sta usurando l’immenso patrimonio di valori che fonda la nostra società civile come luogo di pacifica convivenza, di incontro, di solidarietà, di rigenerante reciprocità e di responsabilità in vista del bene comune. In questo contesto, parole quali ‘efficienza’, ‘competizione’, ‘leadership’, ‘merito’, tendono ad occupare tutto lo spazio della nostra cultura civile, assumendo un significato che finisce per impoverire la qualità degli scambi, ridotta a meri coefficienti numerici. La qual cosa esige che sia intrapresa anzitutto una riscossa dell’umano (n. 17)”. “Assai positive in tal senso, e da favorire, sono realtà quali il credito cooperativo, il microcredito, così come il credito pubblico a servizio delle famiglie, delle imprese, delle comunità locali e il credito di aiuto ai Paesi in via di sviluppo (n. 16)”.
L’esperienza degli ultimi decenni, inoltre, “ha mostrato con evidenza, da una parte, quanto sia ingenua la fiducia in una presunta autosufficienza allocativa dei mercati, indipendente da qualunque etica, e dall’altra, l'impellente necessità di una loro adeguata regolazione, che coniughi nello stesso tempo libertà e tutela di tutti i soggetti che vi operano in regime di una sana e corretta interazione, specialmente dei più vulnerabili. (n. 21)”.
La necessità di una forma di controllo sovranazionale, peraltro, “è resa ancor più necessaria sia dalla constatazione che fra i principali motivi della recente crisi economica vi sono anche condotte immorali di esponenti del mondo finanziario, sia dal fatto che la dimensione ormai sovra-nazionale del sistema economico consente di aggirare facilmente le regole stabilite dai singoli Paesi (n. 21)”.
Servono “completa trasparenza” e “la massima informazione possibile, così che ogni soggetto possa tutelare in piena e consapevole libertà i suoi interessi”, di fonte a comportamenti “moralmente criticabili nella gestione del risparmio da parte dei consulenti finanziari”. Tali sono “una eccessiva movimentazione del portafoglio dei titoli allo scopo prevalente di accrescere i ricavi derivanti dalle commissioni per l’intermediario; un venir meno della debita terzietà nell’offerta di strumenti di risparmio, in regime di comparaggio con alcune banche, quando prodotti di altri meglio si attaglierebbero alle esigenze del cliente; la mancanza di un’adeguata diligenza, o addirittura una negligenza dolosa, da parte dei consulenti, circa la tutela degli interessi relativi al portafoglio dei propri clienti; la concessione di un finanziamento, da parte di un intermediatore bancario, in via subordinata alla contestuale sottoscrizione di altri prodotti finanziari emessi dal medesimo, magari non convenienti al cliente (n. 22)”.
Tutto ciò è frutto di una impostazione per la quale “il mero profitto viene collocato al vertice della cultura di un’impresa finanziaria, ignorando le contemporanee esigenze del bene comune”. A fronte di ciò, “risulta perciò urgente una sincera autocritica al riguardo ed una inversione di tendenza, favorendo invece una cultura aziendale e finanziaria che tenga conto di tutti quei fattori che costituiscono il bene comune (n. 23)”. “Un’interessante proposta, volta a procedere nella suddetta direzione e da sperimentare, sembra quella relativa all’istituzione di Comitati etici, in seno alle banche, da affiancare ai Consigli di Amministrazione. Tutto ciò affinché le banche siano aiutate, non solo a preservare i loro bilanci dalle conseguenze di sofferenze e perdite, e ad una effettiva coerenza fra la mission statutaria e la prassi finanziaria, ma anche a sostenere adeguatamente l’economia reale (n. 24)”.
In tale logica, “ad ogni titolo di credito deve corrispondere un valore tendenzialmente reale e non solo presunto e difficilmente riscontrabile. In tal senso, si rende sempre più urgente una pubblica regolazione e valutazione super partes dell’operato delle agenzie di rating del credito (n. 25)”.
Ne consegue il giudizio critico, dal punto di vista etico, di strumenti finanziari come i “derivati” le “cartolarizzazioni” e i “credit default swap” per “l’aleatorietà sopravvenuta di questi prodotti”. Per quanto poi riguarda la finanza offshore, per la quale passano non solo ingenti flussi economici, ma divenuta luogo abituale per il riciclaggio di denaro "sporco", vale a dire frutto di proventi illeciti, il documento afferma che “attesa la non trasparenza di quei sistemi, è difficile stabilire con precisione l'ammontare dei capitali che transitano in essi; tuttavia è stato calcolato che basterebbe una minima tassa sulle transazioni compiute offshore per risolvere buona parte del problema della fame nel mondo: perché non intraprendere con coraggio la via di una simile iniziativa? (n. 31)”.
Ma accanto a iniziative pubbliche, come il controllo statale su tali comportamenti, il documento suggerisce attenzione anche ai singoli. “Risulta pertanto quanto mai importante un esercizio critico e responsabile del consumo e dei risparmi”. Così è per come fare la spesa, che è una forma di scelta “con cui optiamo sovente in modo non consapevole per beni la cui produzione avviene magari attraverso filiere in cui è normale la violazione dei più elementari diritti umani o grazie all’opera di aziende la cui etica di fatto non conosce altri interessi al di fuori di quelli del profitto ad ogni costo dei loro azionisti”. “Occorre orientarci alla scelta di quei beni alle cui spalle sta un percorso degno dal punto di vista etico, poiché anche attraverso il gesto, apparentemente banale, del consumo noi esprimiamo nei fatti un’etica e siamo chiamati a prendere posizione di fronte a ciò che giova o nuoce all’uomo concreto. Qualcuno ha parlato a questo proposito di ‘voto col portafoglio’: si tratta infatti di votare quotidianamente nei mercati a favore di ciò che aiuta il benessere reale di noi tutti e di rigettare ciò che ad esso nuoce (n. 33)”. (FP)
17/05/2018 12:42