22/03/2023, 12.31
ASIA - PACIFICO
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Lontano l'obiettivo sull'accesso all'acqua nell'Asia-Pacifico

Già nel 2015 oltre il 75% dell'Asia non disponeva di risorse idriche sicure. La scarsità d'acqua colpisce soprattutto Cina, Asia meridionale e i centri urbani del sud-est asiatico. Intanto nel continente si concentra circa la metà del mercato globale dell'acqua in bottiglia, un ulteriore fattore che disincentiva gli investimenti in infrastrutture pubbliche. 

New York (AsiaNews) - Tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 della Nazioni Unite, quello di “garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” è in forte ritardo rispetto a tutti gli altri nel continente asiatico, insieme agli obiettivi numero 8 (incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva, un lavoro dignitoso per tutti), 14 (conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per lo sviluppo sostenibile) e 12 (consumo e produzione responsabili). Per l’obiettivo 13, limitare e adattarsi ai cambiamenti climatici, nell’Asia-Pacifico si è addirittura registrata una regressione.

Lo ha ricordato oggi la Commissione economica e sociale per l'Asia e il Pacifico (Escap) in occasione della giornata mondiale dell’acqua, ricorrenza scelta dalle Nazioni unite per aprire i lavori della Conferenza Onu sull’acqua, che si svolgerà nei prossimi tre giorni a New York e di cui ha parlato anche Papa Francesco questa mattina durante l’udienza generale.

Secondo dati dell’Asian Development Bank, nel 2015, quando è stata stilata l’Agenda 2030, oltre il 75% dell'Asia non disponeva di acqua sicura e già allora si stimava un divario tra domanda e offerta di acqua del 40% entro il 2030. 

Un rapporto pubblicato dalla UN University Institute of Water Environment and Health in vista della Conferenza Onu sull’acqua mostra che la diffusione dell’acqua in bottiglia da una parte continua a essere segno della mancanza di acqua potabile, dall’altro inibisce l’intervento statale nel fornire e migliorare le infrastrutture di approvvigionamento idrico pubblico a lungo termine e rallenta il raggiungimento degli obiettivi sostenibili. 

La regione dell’Asia-Pacifico costituisce circa la metà del mercato globale dell'acqua in bottiglia, mentre i Paesi in via di sviluppo insieme rappresentano circa il 60%. Ovviamente a differire rispetto ad altre aree del mondo sono le ragioni che spingono le persone a comprare acqua in bottiglia: mentre nei Paesi più industrializzati la popolazione percepisce l’acqua in bottiglia come più sicura, nel Sud del mondo l’acquisto di acqua in bottiglia è dettato dalla “mancanza o dall'assenza di un approvvigionamento idrico pubblico affidabile”, si legge nel rapporto intitolato “Global Bottled Water Industry: A Review of Impacts and Trends”. Per fare un esempio, nello Stato indiano dell’Uttar Pradesh, il più popoloso del Paese, solo 31 città su 734 hanno reti fognarie, che comunque riescono a trattare solo il 40% delle acque reflue.

L’Asia-Pacifico è allo stesso tempo la regione con i più elevati tassi di prelievo di acque sotterranee a livello globale, “dovuti all’aumento della popolazione, al rapido sviluppo economico e al miglioramento degli standard di vita”, affermano i dati Onu dello scorso anno. Il 70% delle risorse idriche viene utilizzato per il settore agricolo, con l’India e la Cina in testa alla classifica per maggior consumo di acque sotterranee in agricoltura. Bangladesh, India, Nepal e Pakistan, invece, pompano ogni anno tra i  210 e i 250 chilometri cubi di acque sotterranee, causando un abbassamento delle falde acquifere e un aumento della scarsità idrica.

Per tali ragioni le aree desertiche settentrionali dell’India sono considerate a rischio scarsità d’acqua tanto quanto le regioni mediorientali, insieme ai centri urbani del sud-est asiatico (entro il 2050 il 64% della popolazione asiatica risiederà in città), mentre a gennaio di quest’anno la Cina ha annunciato di aver speso 148 miliardi di dollari nella gestione delle acque nel 2022, con un aumento del 44% rispetto all’anno precedente. L’estate scorsa le fabbriche nel sud-ovest del Paese hanno dovuto sospendere i lavori a causa di una siccità record che ha causato il prosciugamento di alcuni fiumi, tra cui alcune parti dello Yangtze. 

Una siccità che fa da contraltare alle frequenti inondazioni dovute ai cambiamenti climatici. E che si estende anche al sud-est asiatico a causa delle dighe cinesi costruite sul fiume Mekong, che attraversa lo Yunnan cinese, il Myanmar, la Thailandia, il Laos, la Cambogia e il Vietnam. “Le dighe a monte stanno avendo un impatto sulla pesca, la coltivazione del riso e la raccolta di alghe, una delle principali fonti di reddito per le donne e gli anziani", ha spiegato Pianporn Deetes, direttore dell’organizzazione Rivers International in Thailandia e Myanmar. Tra il 2019 e il 2021, nonostante le già presenti condizioni di siccità, le dighe cinesi hanno trattenuto grandi quantità d’ acqua facendo scendere i livelli del Mekong ai minimi storici e provocando lo spostamento delle popolazioni locali che si affidano al fiume per il loro sostentamento.

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