Londra 2012: per primeggiare nel medagliere, la Cina “rivendica” due ori kazaki
Londra (AsiaNews) - Dopo lo scandalo Badminton che ha coinvolto due atlete cinesi, assieme ad altre sei giocatrici asiatiche, il Paese del Dragone ha innescato un nuovo, violento scontro - finora solo verbale - con il Kazakhistan. Il governo di Astana ha infatti rispedito al mittente le affermazioni dei media di Pechino, secondo cui due sportive vincitrici di altrettante medaglie d'oro olimpiche a Londra 2012 sarebbero in realtà cinesi e i loro successi da conteggiare a favore della Cina. Alla 30ma edizione dei Giochi, il Paese dell'Asia centrale ha ottenuto tre vittorie nei primi quattro giorni, fra lo stupore di addetti ai lavori e pubblico, grazie alle imprese di tre campioni appartenenti alle minoranze etniche. Intanto gli Stati Uniti hanno raggiunto la Cina in vetta al medagliere, con 18 ori a testa; resta però in vetta il team cinese, che ha centrato 11 argenti contro i nove degli Usa; sono invece cinque le medaglie di bronzo per la Cina (per un totale di 34), il doppio per i rivali americani che hanno collezionato 37 podi.
La giornata di ieri ha sancito il nuovo trionfo dell'atleta più titolato nella storia dei Giochi: il cannibale di Baltimora, il nuotatore Michael Phelps, ha conquistato la 20ma medaglia (di cui 16 ori) olimpica vincendo i 200 misti con una prova magistrale. Non vi sono più aggettivi per definire le imprese sportive di quello che ormai è considerato il più grande atleta di tutti i tempi. Per la terza volta consecutiva, in tre diverse edizioni, egli è riuscito a vincere la stessa gara, i 200 misti appunto. E ora, mai sazio di vittorie, il cannibale ha puntato alla 21ma medaglia, che potrebbe arrivare oggi nei 100 delfino.
Tornando alla polemica fra Pechino e Astana, essa coinvolge due sportive kazake appartenenti alla minoranza etnica Dungan, originaria del nord-ovest della Cina ma stanziate da tempo in Kazakistan e Kirghizistan. Lo Stato dell'Asia centrale, ricco di petrolio, è formato da oltre 100 minoranze etniche e la loro convivenza è da sempre motivo di vanto per il governo, che punta molto sull'armonia sociale.
Quando l'agenzia ufficiale Xinhua ha rivendicato la de facto nazionalità cinese per le due sollevatrici di peso vincitrici alle olimpiadi - Maiya Maneza e Zulfia Chinshanlo - le autorità di Astana hanno accusato di "scarsa sportività" l'ingombrante vicino. Dal 2007 le due vivono in Kazakistan e hanno abbracciato a pieno titolo la nazionalità kazaka, pur essendo nate in territorio cinese. Il governo vuole quindi spegnere sul nascere ogni polemica e si gode le tre vittorie olimpiche sinora conquistate.
La vicenda appare però esemplare sulla fame "bulimica" di successi olimpici per la Cina, che considera lo sport un mezzo per affermare la propria superiorità, anche politica, e un nazionalismo esasperato. Un visione della competizione olimpica che è apparsa in tutta la sua evidenza nei Giochi del 2008 a Pechino - per i cinesi una edizione imbattibile per fascino e bellezza, che mai potrà essere eguagliata o superata a detta dei media ufficiali e degli slogan delle autorità - e che torna in tutta la sua forza anche a Londra.
In quest'ottica si inquadra anche la vicenda delle giocatrici di Badminton, che pur di centrare il successo finale non esitano a perdere di proposito un match di qualificazione e accedere poi a sfide successive più semplici sulla carta. Insomma, per Pechino al motto olimpico "l'importante è partecipare" si sostituisce l'idea machiavellica secondo cui "il fine giustifica i mezzi". Pazienza poi se gli atleti vengono prima esaltati, poi relegati ai margini o rinnegati. È la storia - o meglio il dramma umano e sportivo - del 28enne Zhang Shangwu, raccontato di recente dai giornali locali e internazionali. Egli ha vinto due medaglie alle Universiadi del 2001 ed era pronto a vivere una sfavillante carriera; tuttavia, un infortunio in allenamento - negato dal suo allenatore e dai vertici della Federazione di ginnastica - lo ha costretto al ritiro anticipato. Ora vive chiedendo l'elemosina per le vie della capitale, sfoggiando le medaglie vinte nella "vita precedente".
Chiudiamo con la polemica lanciata da Taslima Nasreen, popolare scrittrice originaria del Bangladesh, contro i vertici del Comitato olimpico internazionale. Il Cio per anni ha impedito al Sudafrica di partecipare ai giochi, come punizione per l'apartheid. Tuttavia, non prende alcun provvedimento contro l'Arabia Saudita, che persegue una politica di emarginazione verso le sportive donne. Pur avendole ammesse alla competizione, le costringe a indossare il velo integrale durante le gare; un abbigliamento segno che è discriminatorio oltre che poco pratico per competere.
06/08/2012