Lo Stato vanta l’autosufficienza alimentare, ma il dato è “gonfiato”
Ashgabat (AsiaNews/Agenzie) – Annuncio trionfale del presidente turkmeno Gurbanguly Berdymukhammedov alla riunione di gabinetto del 9 luglio, che quest’anno la produzione di grano è di 1,4 milioni di tonnellate, con un incremento di 200mila tonnellate rispetto all’annata agraria 2008/09 e in pratica sufficiente a coprire la domanda interna stimata in 1,6 milioni di tonnellate. Ma esperti e popolazione non festeggiano, perché ritengono il dato reale molto inferiore e temono un periodo di carestia.
I media statali hanno celebrato il trionfo della riforma agraria introdotta da Berdymukhammedov, con prezzi maggiori e facilitazioni al credito per gli agricoltori che vendono allo Stato e un generale miglioramento delle infrastrutture nelle zone rurali. Peraltro il presidente ha tolto l’esenzione fiscale concessa dal suo predecessore Saparmurat Niyazov dagli anni ’90.
Durante il periodo sovietico la produzione di grano fu trascurata a favore del più redditizio cotone, mentre i cereali erano importati da altri Stati sovietici. Dopo il collasso dell’Urss nel 1991, Ashgabat tornò a produrre grano e dopo pochi anni nel 1998 fu istituita addirittura la festa nazionale Galla Bairamy per celebrare il raggiungimento di un milione di tonnellate e la presunta autosufficienza.
Allora, come adesso, gli esperti ritennero il dato ufficiale molto sovrastimato e il sistema agricolo ancora appesantito dal dirigismo statale. Osservano che le quote-grano sono identiche per tutte le regioni del Paese, senza riguardo alle differenze per clima, fertilità del terreno, disponibilità di acqua e di sistemi di irrigazione in uno Stato arido. Soprattutto la mancanza di acqua rende impossibile la produzione desiderata ed esperti osservano che un dato realistico è di 800mila tonnellate di raccolto, circa la metà di quanto dice lo Stato. Qualcuno denuncia che, addirittura, lo Stato per poter annunciare il dato trionfale entro inizio luglio costringe molti contadini a fare il raccolto quando il grano non è ancora maturo, con ulteriori perdite di quantità e qualità.
Peraltro Ashgabat sta molto attenta a evitare scandali: a gennaio/febbraio 24 funzionari pubblici e agricoltori di Dashoguz sono stati condannati fino a 14 anni di carcere per avere riportato dati “gonfiati” sulle produzioni agricole.
L’ex presidente Niyazov smantellò le fattorie collettive di epoca sovietica, restituendo la terra a tanti agricoltori piccoli e medi. Ma i rurali lamentano che il vecchio sistema permane di fatto, con lo Stato che pretende di decidere cosa coltivare e dove, che fissa le quote che ogni coltivatore deve raggiungere e che compra i raccolti a prezzi troppo bassi per essere incentivanti.
Vari contadini hanno confermato all’agenzia AsiaTimes che “l’esistenza di fattorie private è solo teorica, in realtà siamo costretti a vendere l’intero raccolto allo Stato per quasi nulla, senza nemmeno poter conservare qualcosa per le nostre necessità”. In questo modo “è impossibile guadagnare qualcosa”. L’agricoltura rappresenta il 22% del Prodotto interno lordo, secondo i dati della Banca mondiale, ma gran parte dei contadini sperimenta una vita di stenti, a causa degli insufficienti prezzi pagati dallo Stato.
Lo Stato fornisce loro sementi e fertilizzanti, cosa che almeno consente loro di non avere problemi di liquidità quando dovrebbero acquistarli, ma causa diffuse lamentele di bassa qualità dei prodotti forniti. La gran parte dei contadini non possiede macchinari agricoli per lavorare la terra e deve affittarli.
D’altra parte il dato sull’autosufficienza alimentare è una bugia alla luce del sole e Ashgabat, per sfamare la popolazione, importa grandi quantità di grano e farina di alta qualità dal vicino Kazakistan, prodotti che si trovano in vendita in tutto il Turkmenistan. La popolazione deve pagarsi quanto non riesce a produrre e spesso il grano è scarso. Davanti a mercati e forni ci sono spesso lunghe file già ore prima della loro apertura. La gente dai villaggi si reca ad Ashgabat e in altre grandi città anche solo per comprare il pane. E si chiede come mai nessuno di loro beneficia degli immensi giacimenti nazionali di petrolio e gas.