Lo Stato islamico pronto a distruggere Palmira, minato il sito archeologico
Damasco (AsiaNews/AsiaNews) - Le milizie dello Stato islamico (SI) hanno piazzato mine e altri tipi di esplosivo attorno alle rovine dell’antica città di Palmira, facendo aumentare i timori per la sorte del sito archeologico patrimonio Unesco e fra i più importanti di tutto il Medio oriente. Secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, gruppo con base a Londra e una fitta rete di informatori sul terreno, nei giorni scorsi combattenti jihadisti hanno piazzato le cariche attorno alla cittadina di epoca romana e sarebbero pronti a far saltare in aria il complesso.
Il mese scorso lo SI ha conquistato il sito archeologico e la parte moderna della città, facendo aumentare i timori di distruzione dell’area come avvenuto in passato in Iraq durante la conquista di Hatra e Nimrud. Hanno fatto il giro del mondo le immagini dei combattenti impegnati a cancellare, con martelli, bulldozer e mazze statue, reperti e architetture che risalgono a epoche pre-islamiche e definite dai terroristi "simboli del paganesimo".
Rami Abdel Rahman, direttore dell’Osservatorio, afferma che al momento “non è dato sapere se i miliziani hanno minato la zona per distruggere le rovine o per impedire alle forze del regime [di Damasco] di fare irruzione in città”. Nei giorni scorsi l’aviazione siriana ha lanciato una serie di raid nella zona, uccidendo almeno 11 persone.
A conferma dei timori Maamoun Abdulkarim, direttore generale dei Musei e delle antichità in Siria, lancia un appello “agli abitanti di Palmira, ai capi tribù, ai leader religiosi e alle personalità della cultura perché impediscano questa [devastazione]… e impediscano il ripetersi di ciò che è successo nel nord dell’Iraq”. Tuttavia, egli aggiunge anche di sentirsi “molto pessimista e triste” per la sorte del sito, visitato da almeno 150mila turisti all’anno prima della guerra, con le sue statue, le oltre mille colonne e almeno 500 tombe.
Palmira, nota anche come la “Venezia di sabbia”, è uno dei più importanti centri culturali dell’antichità. Ai tempi dell’impero romano era un centro importante di smistamento delle merci, con il deserto al posto del mare e i cammelli in sostituzione delle navi. Ad oggi solo una piccola parte dell’intero sito è stata riportata alla superficie, molti dei reperti e degli oggetti affiorano in parte dalla sabbia o ne sono ancora ricoperti.
Nel contesto dell’avanzata jihadista, la direttrice generale Unesco Irina Bokova ha espresso “profonda preoccupazione” per la situazione e aggiunge che “i combattimenti mettono a rischio uno dei siti più significativi del Medio oriente, oltre che la popolazione civile locale”.
A questo si aggiunge la posizione strategica di Palmira (e Tadmur), lungo una direttrice che collega la capitale Damasco con lacune città dell’est, fra cui Deir al-Zour famosa per i suoi giacimenti di gas racchiusi nel sottosuolo. Se lo Stato islamico riuscirà a conquistare la zona, avvertono gli esperti, si tratterà di una delle vittorie più importanti a livello strategico e militare, con conseguenze ben peggiori della distruzione delle rovine patrimonio dell’umanità.
Dall'inizio della rivolta contro il presidente Bashar al Assad, nel 2011, oltre 3,2 milioni di persone hanno abbandonato la Siria e altri 7,6 milioni sono sfollati interni. Almeno 230mila le vittime del conflitto, molte delle quali civili per i quali il 2014 è stato l'anno peggiore. Proprio nel contesto del conflitto siriano è emerso per la prima volta, nella primavera del 2013, in tutta la sua violenza e brutalità lo Stato islamico, che ha strappato ampie porzioni di territorio a Damasco e Baghdad.