Lo Stato islamico attacca leader Houthi in Yemen: 28 morti, anche otto donne
Sana’a (AsiaNews/Agenzie) - Lo Stato islamico ha rivendicato un nuovo attacco sferrato nella notte contro due leader Houthi a Sanaa, capitale dello Yemen, che avrebbe causato la morte di almeno 28 persone fra cui otto donne. L’esplosione di un’autobomba ha investito i fratelli Faycal e Hamid Jayache, due capi della fazione sciita ribelle, mentre stavano partecipando a un incontro per onorare la memoria di un parente da poco scomparso.
In risposta all’attacco, i vertici Houthi hanno chiuso ogni accesso all’area teatro dell’attentato, in pieno centro a Sanaa; le uniche vetture cui è consentito l’accesso sono le auto-mediche e le autoambulanze usate per evacuare le vittime.
Nelle ore successive all’attentato, i responsabili della propaganda dello Stato islamico hanno pubblicato un documento in rete in cui rivendicano l’organizzazione dell’attacco contro quella che definiscono il “nido sciita” nella capitale yemenita. I membri del movimento jihadista sunnita - che ieri hanno “festeggiato” il primo anno dalla dichiarazione del “Califfato” in parte della Siria e Iraq - considerano gli sciiti alla stregua di eretici, considerandoli obiettivo di attacchi in diverse nazioni della regione mediorientale.
L’ultimo di questi è stato sferrato da un giovane di nazionalità saudita, che si è fatto esplodere in una moschea sciita in Kuwait, uccidendo 26 persone e ferendone altri 227. Lo SI ha anche rivendicato lo scoppio di un’autobomba il 20 giugno scorso nei pressi di una moschea sciita a Sanaa, che ha provocato due morti e 16 feriti, cui si aggiunge una serie di attacchi nella capitale yemenita il 16 giugno che ha ucciso 31 persone.
Dal gennaio scorso la nazione è teatro di un sanguinoso conflitto interno che vede opposte la leadership sunnita, sostenuta dall’Arabia Saudita, e i ribelli sciiti Houthi, vicini all’Iran. Da marzo, i sauditi a capo di una coalizione, hanno lanciato raid aerei contro i ribelli.
Secondo quanto riferiscono le Nazioni Unite, dal 19 marzo il conflitto ha causato la morte di almeno 1.500 persone – dei quali 828 civili – e il ferimento di altre 6mila. Nel contesto del conflitto sarebbero stati distrutti anche molti siti artistici antichi della capitale, considerati patrimonio dell’Unesco.