15/01/2015, 00.00
CINA - STATI UNITI
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L'ipocrisia di Facebook, fra il massacro di Charlie Hebdo e la censura in Cina

di Yaxue Cao

Il fondatore del social network, Mark Zuckerberg, schiera lui e la sua compagnia a favore della libertà di espressione "anche a costo della vita". Ma dimentica che, per amore dei soldi, il suo gruppo censura chi osa sfidare il governo di Pechino.

Pechino (AsiaNews) - Dopo il massacro dei vignettisti di Charlie Hebdo, milioni di persone - tra cui i leader di oltre 40 Paesi - sono scesi in piazza a Parigi l'11 gennaio per condannare il terrorismo e ribadire la loro determinazione a difendere la libertà di espressione. Due giorni prima, Mark Zuckerberg - fondatore e amministratore delegato di Facebook - aveva pubblicato una dichiarazione su Facebook dicendo di "non aveva paura delle minacce di morte" e che Facebook "ha rifiutato di vietare i contenuti su Maometto" che offendevano un estremista pakistano.

"Abbiamo preso questa posizione perché voci differenti - anche a volte offensive - possono rendere il mondo un posto migliore e più interessante", ha scritto. "Non permetteremo mai a un Paese o a un gruppo di persone di dettare ciò che le persone possono condividere in tutto il mondo... Questo è ciò che tutti noi dobbiamo respingere - un gruppo di estremisti che cerca di mettere a tacere le voci e le opinioni di tutti gli altri in tutto il mondo. Non lascerò che accada su Facebook. Io sono impegnato a costruire un servizio in cui sia possibile parlare liberamente senza paura di violenza".

Questo breve post di Zuckerberg ha ricevuto il "like" di più di 435mila persone ed è stato condiviso da più di 45mila utenti. L'applauso è forte e chiaro.

Ma Zuckerberg non ha dimenticato qualcosa? Circa due settimane fa, Facebook ha censurato un video che avevo postato su un tibetano che si stava auto-immolando in Cina, e nello stesso periodo l'account Facebook dello scrittore cinese in esilio Liao Yiwu è stato sospeso per aver pubblicato le foto di un artista cinese in piazza a Stoccolma per protestare contro la detenzione in Cina del premio Nobel per la pace Liu Xiaobo. Alla luce di questi due episodi di censura da parte di Facebook, Zuckerberg non può davvero dipingere se stesso come un eroe pronto a morire per difendere la libertà di espressione.

I due sfortunati eventi si sono verificati poco dopo il recente viaggio di Zuckerberg in Cina, dove egli ha mostrato a un pubblico adorante la sua capacità di parlare in mandarino, e dopo la visita dello "zar cinese di internet" Lu Wei al quartier generale di Facebook, dove Zuckerberg ha mostrato degli scritti di Xi Jinping, il Segretario generale del Partito comunista cinese. Anche se Facebook ha fornito spiegazioni tecniche e neutrali per giustificare i due episodi di censura, affermando che "non erano motivati da considerazioni politiche o commerciali", non posso fare a meno di collegare questi incidenti all'apparente tentativo di Zuckerberg di ingraziarsi il governo cinese. Ho scritto una lettera a Facebook, Inc. intitolata "La fede in aggiunta alla faccia" per esprimere la mia preoccupazione. Credo che Facebook dovrebbe capire il significato e l'importanza delle immagini di alcuni tibetani che si auto-immolano, prima di eliminarle in base a "motivi di grafica".

Il video in questione è stato ripubblicato con successo, e il bando all'account di Liao Yiwu è stato revocato. Ho dato credito a Facebook per questo risultato, e da allora non sono stata censurata. Eppure, trovo la dichiarazione di Zuckerberg in malafede e un po' opportunista. Alcuni dei miei amici sono del parere che Zuckerberg abbia voluto guadagnare punti dopo l'attacco terroristico contro i disegnatori francesi, ma è necessario ricordargli una cosa importante: se non hai paura di morire per amore della libertà di espressione, non si dovresti avere paura del Partito comunista per il gusto di fare soldi in Cina.

*Nata a Lhasa (Tibet) e residente a Pechino, l'autrice è una delle poetesse e scrittrici più apprezzate dal mondo dei dissidenti cinesi

 

 

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