Libertà religiosa: Jakarta riconosce le religioni dei nativi indonesiani
La Costituzione indonesiana del 1945 afferma che lo Stato si basa sulla credenza nel “Dio uno ed unico”. I cittadini sono tenuti a dichiarare la propria appartenenza religiosa nelle carte d’identità nazionali. Islam, cattolicesimo, protestantesimo, induismo, buddismo e confucianesimo erano finora le uniche religioni ufficiali. Sono circa 400mila le persone che si dichiarano appartenenti a religioni diverse dalle sei finora riconosciute. L’ateismo non è legale in Indonesia e spesso comporta accuse di blasfemia.
Jakarta (AsiaNews) – “Si apre un nuovo capitolo per la libertà religiosa in Indonesia”. Attivisti per i diritti commentano così la delibera della Corte costituzionale (Mk) in favore del riconoscimento delle Penghayatan kepercayaan, le credenze religiose dei nativi indonesiani. Il parere dell’organo statale, reso pubblico lo scorso 7 novembre, sancisce che gli indonesiani non dovranno più essere identificati solo come musulmani, cattolici, protestanti, indù, buddisti o confuciani sulle loro carte d'identità nazionali.
Lo Stato indonesiano si era finora rifiutato di riconoscere come “religioni” le credenze indigene. Queste non sono di solito “arricchite” da importanti figure di rappresentanza e non dispongono di “sacre scritture”. I fedeli credono nel grande potere dell'universo e nel rispetto degli antenati. Nella pratica religiosa, essi sono soliti offrire sacrifici come espressione del loro rispetto verso gli avi e la natura.
La Costituzione indonesiana del 1945 afferma che lo Stato si basa sulla credenza nel “Dio uno ed unico”, ma garantisce “ad ogni cittadino la libertà di religione e di culto”. Tuttavia, le leggi sulla blasfemia adottate nel 1965 prevedono la tutela delle sole sei religioni citate, le uniche riconosciute in via ufficiale dallo Stato, come sancito dai regolamenti e dalle normative successive. Le restanti fedi sono state da allora considerate illegali, eretiche o “strettamente proibite”.
Le Kartu Tanda Penduduk (Ktp), ovvero le carte d’identità nazionali indonesiane, prevedono una colonna in cui i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria appartenenza religiosa. L’ateismo non è legale in Indonesia e spesso comporta accuse di blasfemia. Bonar Tigor Naipospos, del Setara Institute, gruppo che sostiene l'armonia religiosa, dichiara che gli indonesiani che si rifiutano di abbracciare una delle religioni sulle loro carte d'identità hanno un accesso limitato all'istruzione, alle opportunità di lavoro ed è loro negato il matrimonio giuridico.
La Corte costituzionale, per decisione del presidente Arief Hidayat, ha accolto una causa intentata contro lo Stato dai seguaci di alcune delle fedi indigene dell'Indonesia. Nggay Mehang Tana, Pagar Demara Sirait, Arnol Purba si sono rivolti al tribunale quando è stato loro impedito di riempire la “colonna religiosa” della loro carta d'identità con la dicitura “Penghayatan kepercayaan”. Tjahjo Kumolo, ministro indonesiano agli Affari interni, ha dichiarato lo scorso 10 novembre che il suo ministero si conformerà alle disposizioni e riconoscerà il nuovo status religioso in tutte le 34 province e 405 reggenze del Paese. Nia Sjarifudin, della Unity in Diversity Alliance, rivela che la storica decisione della Corte verrà applicata anche che religioni non-indigene come la bahá'í e l’ebraismo.
Da un censimento del 2000 emerge che in Indonesia vi sono circa 400mila persone che si dichiarano appartenenti a religioni diverse dalle sei finora riconosciute. Il ministero dell’Educazione riporta che nel Paese si contano almeno 187 correnti o scuole kepercayaan, 53 solo a Central Java e 50 a East Java.