Libano, crisi economica e Covid: a rischio migliaia di lavoratori migranti
Oltre la metà è disoccupata ed è incapace di soddisfare “i bisogni minimi di base”. Secondo una ricerca Oim gli elementi di crisi hanno “esacerbato la vulnerabilità” dei lavoratori. Il 20% soffre di problemi cronici di salute, anche mentali. In aumento le violenze fisiche, psicologiche e le molestie sessuali.
Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Decine di migliaia di lavoratori migranti in Libano, colpiti dalla profonda crisi economica attraversata dal Paese dei cedri cui si sovrappone l’emergenza sanitaria da Covid-19, si ritrovano disoccupati e incapaci di soddisfare “i bisogni minimi di base”. È l’allarme lanciato in questi giorni dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), secondo cui il dramma economico, la pandemia di nuovo coronavirus e la doppia esplosione al porto di Beirut ad agosto 2020 hanno “esacerbato la vulnerabilità” dei lavoratori migranti.
Il rapporto elaborato dagli esperti mostra che almeno la metà delle persone interpellate nel sondaggio hanno affermato di essere senza lavoro, avendo perduto il loro precedente impiego nell’ultimo trimestre del 2020; più del 50% non è capace di rispondere - in alcun modo - ai propri bisogni alimentari di base.
La ricerca realizzata dall’organizzazione ha permesso di esaminare la situazione di oltre un migliaio di lavoratori di differenti nazioni, fra cui Bangladesh, Etiopia, Sudan e Sierra Leone. Mathieu Luciano, responsabile Oim Libano, sottolinea che “con una situazione economica che peggiora e opportunità di impiego limitate, la vulnerabilità dei migranti di fronte a vessazioni e abusi rischia di aumentare”. Secondo l’organizzazione, almeno il 20% dei lavoratori ha dichiarato di soffrire di problemi cronici di salute, compresi problemi mentali, che necessitano cure continue. Molti denunciano anche violenze fisiche e psicologiche fatte di percosse, molestie sessuali e mancato pagamento degli stipendi.
Anche prima dell’attuale crisi, le condizioni di lavoro dei migranti in Libano erano state oggetto di denuncia di ong e gruppi attivisti pro diritti umani. Dall’inizio della crisi finanziaria, nell’autunno 2019, nessun lavoratore è più riuscito a inviare denaro in patria, alle famiglie di origine. Alcuni collaboratori domestici non hanno più ricevuto il salario e si ritrovano per strada, senza nemmeno avere i soldi necessari per rimpatriare.
“Sulla base di questa valutazione che è fonte di preoccupazione - conclude Luciano - in Libano vi è un urgente bisogno di aumentare i servizi di assistenza volontaria al rimpatrio”. L’organizzazione ha chiesto un’accelerazione dei rimpatri volontari di migliaia di lavoratori immigrati intrappolati nel Paese dei cedri, sostenendo di essere alla ricerca di finanziamenti aggiuntivi per coprirne il costo.